Il pensiero del giorno

“Par condicio” nel torto – di Francesco De Maria

Dedico il pensiero di questa domenica al governo (o “governicchio”, come dicono coloro che vi detengono la maggioranza relativa) di questa disgraziata (ma sempre amata) Repubblica.

Impazza la polemica – meglio sarebbe definirla “guerra di propaganda” -, si strilla a pieni polmoni, le accuse al nemico sono roventi. E le minimizzazioni (sì, ci sono anche quelle), sovente poco plausibili.

Abbiamo prestato attenzione all’intervento su LiberaTV (ieri) del vicepresidente PPD Maurizio Agustoni e, naturalmente, oggi, al domenicale d’assalto.

DOVE AGUSTONI HA MANIFESTAMENTE TORTO

Egli se la prende “con chi infierisce vigliaccamente nei momenti di difficoltà altrui”. Ma questo è un punto del tutto secondario! Chiunque sa che la politica si fa a coltello e a pesci in faccia. Come diceva l’on. Formica (un pretoriano di Craxi tutto d’un pezzo): “La politica non è cosa per signorine di buona famiglia. La politica è sangue e m….”. Siamo perfettamente in chiaro.

Il punto essenziale, onorevole Agustoni, è completamente diverso. Si tratta di decidere se il comportamento del consigliere di Stato è stato regolare o irregolare; nel secondo caso, se le irregolarità siano state puramente formali o al contrario sostanziali; infine in quale misura la sua immagine di ministro risulti compromessa.

Lasciamo che i “cattivi”, i “vigliacchi” e i “bastardi” facciano il loro (eterno) lavoro. Concentriamoci, Maurizio, sull’essenziale.

DOVE IL MATTINO HA MANIFESTAMENTE TORTO

Dall’edizione odierna:

“Stranamente lunedì in parlamenticchio gli uregiatti, a partire dal loro neo-presidente Fiorenzo Dadò in fregola di visibilità mediatica, sembravano aver perso la favella! Uella, dov’è finita la verve forcaiola – con tanto di farneticanti paragoni con capitan Schettino – sfoderata nei confronti dell’odiato leghista Norman Gobbi per il caso Ufficio della migrazione?”

Poi la minimizzazione (in un certo qual senso “obbligata”) assurge a dimensioni francamente inaccettabili.

A Gobbi, oltretutto, ben poco può essere rimproverato per i fattacci avvenuti all’interno del suo dipartimento. Gobbi si è ritrovato sul groppone funzionari italici disonesti assunti dal suo predecessore uregiatto, Gigio Pedrazzini!”

Ma allora – ci domandiamo noi – a che cosa serve avere un Capo? A che cosa serve se, quando succede un guaio, la colpa ricade… sul personale di pulizia? Il Capo è responsabile (di ciò che avviene nell’ambito della sua autorità). NON nel senso che egli sia automaticamente colpevole (mancherebbe). Ma nel senso che egli risponde in prima persona di ciò che è avvenuto negli uffici che da lui dipendono. È evidente che non c’è mai stata in lui la volontà di compiere o lasciar compiere un reato. Ma si può fortemente sospettare che ci sia stato un difetto di controllo.

  • A che cosa serve strillare, come fa il Mattino: “L’ha fatto il Gigio!” Da quanti anni il Gigio non è più lì? Forse sei?
  • Gobbi è anche molto sfortunato, perché il disastro è esploso nell’Ufficio che per la Lega era provvisto del più alto valore simbolico. Quello stesso Ufficio che dovrebbe proteggere la popolazione impaurita (molti votano Lega) dall’invasione dei migranti economici e da tutti gli sporchi trucchi che si escogitano per aggirare la Legge. Già sono una montagna i “legali”… Aggiungiamoci gli altri! Risultato: corruzione, falsificazione di documenti, furto, violazione del segreto d’ufficio. Manca solo l’abigeato (consultare il vocabolario). Reati penali, per i quali la Procura ha ordinato numerosi arresti. Una bazzecola? Oh no, una brutta, bruttissima gabola.

L’INTERVISTA AL PRESIDENTE DADÒ

Venerdì mattina di buon’ora, verso le otto, mi arrivano inaspettati alcuni commenti Facebook dal presidente PPD fresco di nomina (che conosco e con il quale intrattengo buoni rapporti). Erano sul tappeto della discussione “social” le sue dimissioni dalla famosa Sottocommissione, attribuibili a una sua situazione personale ma, come lo stesso Dadò fa notare, non dovute bensì rassegnate per ragioni di opportunità. Probabile causa scatenante la ben nota lettera di Pronzini, che approfitta di qualsiasi occasione per far sapere al mondo che esiste (e in fin dei conti fa bene).

Ero intervenuto nella chat più che altro per passare efficacemente dal sonno alla veglia, “postando” alcuni commenti del tutto inoffensivi (si può controllare). Ma il presidente pensava che io avessi in mente chissà che cosa. Dopo un po’ di tira e molla inconcludente ebbi l’impressione che il mio interlocutore avesse desiderio di esprimersi e, com’è mia abitudine (prima di tutto nel mio stesso interesse) lanciai l’articolo: “Vuoi fare un’intervista?”

Affare fatto. In un’oretta d’impegno m’ingegnai a elaborare una serie di domande, che avessero un senso compiuto e che risultassero stimolanti senza riuscire sleali o inutilmente cattive. Mi affrettai a mandargliele.

La pubblicazione era prevista per venerdì sera. Oggi è domenica e domani sarà lunedì. Per determinate interviste (ad esempio se queste avessero per tema i viaggi di Cristoforo Colombo) il “timing” è irrilevante. Altre esigono la rapidità. L’amico Dadò mi ha assicurato che mi risponderà e io lo prendo in parola.

COME VEDO IL QUADRO POLITICO IN QUESTO PARTICOLARE FRANGENTE

Che cosa vedo? Vedo due situazioni diverse ma due vulnerabilità molto simili. I due partiti nella burrasca gridano a più non posso, forsanche per farsi coraggio. Gli altri aspettano fiduciosi. Qualcosa di buono (dai mali degli altri) probabilmente verrà.

Relatore

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