La civilizzazione neo-liberale ha vinto su tutti gli altri totalitarismi dello scorso secolo proprio perché è essa stessa una sottile forma di dittatura. Il neo-liberismo funge da modello per tutto e per tutti: si occupa incessantemente della nostra trasformazione da cittadini stanziali in consumatori globali, sospesi tra una stretta dipendenza territoriale e una presunta libertà universale predicata.
Concetto difficile? Non credo. Da una parte stanno probabilmente la Seco, passando per l’Ire, così come tutti gli altri organi (anche politici) relativi a quell’universo produttivo globalizzato la cui narrazione fa perno sui presunti (parziali) successi di un sistema economico senza alternative. Certo ci sono dei vincitori. Vi sono sempre dei vincitori.
Ma vi sono anche dei vinti. Probabilmente quel “popolo stanziale” a cui era stato promesso che la globalizzazione sarebbe stata “un cammino fiorito” e che – invece e purtroppo – non ha più un lavoro. Nel nostro caso di qua e di là dei confini nazionali.
E qui si sente l’assenza assordante di una vera critica dei metodi con i quali si è realizzata la globalizzazione. Analisi semmai tentate solo da pochissimi i quali però vengono “oscurati” quindi privi, in gran parte, di accesso alle tribune mediatiche che contano. Allora avanzano le diverse “percezioni”. Comprese le “ire” della “lega”.
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