Il Presidente della Repubblica Francese fa incontrare il capo del governo di Tripoli al Serraj e l’uomo forte dell’est Haftar, nella (legittima) speranza di trarre vantaggio da un accordo diplomatico. Oggi, nel castello di Saint-Cloud, proprietà del Ministero degli Esteri, si incontreranno per stabilire un accordo. Prima, tuttavia entrerà l’uomo possente della situazione, Haftar, e soltanto dopo al Serrraj, quello su cui aveva puntato l’Italia di Renzi (al quale piace giocare piano, un po’ come il Don Abbondio di Manzoni.)
All’incontro diplomatico organizzato dal Presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron, l’Italia tacerà. E, forse, è meglio così. Il piano è stabilizzare la Libia, impedire l’arrivo di nuovi profughi in Italia (ormai) sarebbe vano.
L’Italia ha una posizione strategica per quanto riguarda la Libia, e Alfano, per quanto non riesca (mai) a fare belle figure in ambito diplomatico almeno nel campo dell’autorevolezza, annuisce querulo, al cospetto dell’Europa.
Inferiorità ed emarginazione sono tuttavia gli inevitabili complessi dei ministri italiani, incapaci di far valere la proprie ragioni, anche solo di spiegare il mantra dell’ “accoglierli-tutti-è-impossibile”. Sì, perché ormai è diventato un detto, come l’ “aiutiamoli-a-casa-loro.”. Non c’è speranza, finché c’è Europa. Non per l’Italia, almeno.
Per la Libia, invece, pare di sì, per le conciliazioni nazionali. I grandi rivali libici, ricevuti oggi dal Presidente francese, sono Khalifa Haftar, premier della Cirenaica e Hafez Al Serraj, premier di Tripoli senza autorità. Proprio su quest’ultimo l’Italia di Renzi aveva erroneamente puntato, creando quasi un ostacolo diplomatico. Macron, invece, dando all’incontro tra i due rivali un’impronta francese non europea e parteggiando velatamente per il più forte Haftar, pare dimostrare lungimiranza: petrolio in arrivo, in seguito ad accordi venturi, carburante rombante, per la Repubblica rossobiancoblu. Lungimiranza da parte del creatore di En Marche, mancanza di cannocchiale per lo stivale.
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