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Quando sarà la fine del mondo? A svelarcelo sarebbero le api

ApiApiSebbene non si sappia una data precisa e nemmeno Nostradamus era riuscito a darci la predizione corretta, nel 1940, un uomo di scienza come Albert Einstein disse una frase che a distanza di anni appare ancora molto attuale: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.

Fermandomi ad acquistare piccoli dolci pensieri a base di miele, ho intrapreso un’inaspettata conversazione col Signor M. C. apicoltore e titolare della sua piccola azienda ad Arconate. Parlandomi della sua attività, la prima preoccupazione che mi ha espresso è proprio la scomparsa delle api.

M. C. afferma: ”Speriamo nel prossimo anno, l’annata 2014 è stata terrificante sia per la scarsa produttività di miele e soprattutto di melata dovuta alle condizioni climatiche sia per una sempre maggiore moria di api: in certi momenti dell’anno le api spariscono e non se ne conoscono le motivazioni esatte”.

La mancanza di prodotto, ma soprattutto la diminuzione del numero di api negli alveari, appaiono una minaccia per gli apicoltori in molti stati del mondo. Gli esperti che studiano questo fenomeno sottolineano che campi magnetici, inasprimento delle infezioni da virus, presenza di parassiti che si annidano nell’alveare, agricolture OGM, utilizzo di diserbanti, pesticidi, fitofarmaci sono tutti fattori che penalizzano il ciclo attivo vitale delle api sotto vari aspetti e in particolari tempistiche biologiche. Tutto ciò conferma l’idea degli operatori nel settore che, se le api muoiono, è per colpa dell’uomo.

Le api sono una risorsa economica enorme
Un alveare contiene fino a 50.000 insetti, in Europa ci sono miliardi di api e ogni volta che una esce dall’alveare impollina un centinaio di fiori, «lavoro» che produce, solo nell’Unione Europea, miliardi di euro.

L’importanza dell’impollinazione è incommensurabile per l’ecosistema. Senza api centinaia di piante scomparirebbero ma questi insetti decedono a ritmo serrato  sotto gli occhi degli apicoltori  preoccupati . Secondo un rapporto del World Watch Institute un terzo degli alveari di ape domestica è già scomparso e la stessa sorte tocca alle specie selvatiche. Al danno naturale si aggiunge quello economico perché il valore dell’ impollinazione delle piante è stimabile intorno ai 10 miliardi di euro l’anno nel mondo.

Wikipedia riporta una lista di 120 piante alimentari o da foraggio che vengono in tutto o in parte impollinate dalle api tra le quali le più conosciute sono kiwi, angurie, zucche, zucchini, frutti di bosco, pere, pesche, ciliegie, amarene, albicocche, mele, cetrioli, rape, ecc….

E’ fondamentale comprendere che il danno non è limitato all’aspetto economico-commerciale ma che in molti casi non esiste alternativa all’impollinazione degli insetti: «Se le api scompaiono saremo costretti ad impollinare a mano molte coltivazioni, come già accade in certe zone della Cina in cui le api sono estinte – afferma l’entomologo Giorgio Celli . Ogni giorno migliaia di braccianti agricoli si armano di pennelli e salgono sugli alberi per fare il lavoro delle api.»

Mentre osservavo i prodotti speciali, degli alveari del Signor M. C., tra i quali polline, pappa reale, propoli, melata, miele di diverse tipologie, una sua frase che mi ha colpito: ”C’è un disastro silenzioso che si sta consumando in questi mesi e che non interessa alla politica, cronaca e alla società: tutti fanno finta di non vedere che il problema non è solo la crisi, la pioggia, c’è qualcosa di piu’ preoccupante. In 30 anni di onorato lavoro al fianco delle api alle quali ho dedicato la mia vita lavorativa e il mio interesse personale, vedo un aggravarsi delle loro condizioni di salute e tutto questo non mi fa presagire buoni propositi né per l’economia né per la vita sulla terra. Alterare un ecosistema così profondamente tanto da vedere la minaccia di estinzione di api e insetti importanti per la riproduzione di piante e la produzione di alimenti è un qualcosa di tragico che ci dovrebbe far allarmare, che dovrebbe essere ascoltato da tutti e non restare nel limbo dell’indifferenza. Inoltre noi apicoltori dovremmo avere aiuti economici, sovvenzioni, per sostenere annate di scarsa attività e per poter mantenere al meglio gli alveari. Quando le api non producono miele hanno comunque un costo indipendentemente dal guadagno che se ne ricava a fine stagione”.

Mi sono domandata: come si possono dimenticare queste umili bestiole che minuziosamente fanno tutto questo lavoro nell’ecosistema oltre a produrre materie pregiate come miele e propoli i cui benefici e la cui bontà sono noti al genere umano da secoli?

Anche secondo il Signor M. C. è necessaria una campagna di sensibilizzazione in senso lato su questo problema per rendere coscienti le persone della terribile faccenda inerente la scomparsa delle api visto che fino ad ora se ne interessa solo chi ne è direttamente colpito, cioè gli apicoltori.

La preoccupazione maggiore è: “Ma quanto potremmo vivere senza le api?”

Le api sono sulla terra da 40.000 anni e sono sopravvissute a ben 3 glaciazioni, se si arrivasse per mano dell’uomo all’estinzione di questa specie si avrebbero conseguenze catastrofiche. Ci si deve interrogare sulla vera natura dell’uomo, che appartenente al regno animale, sarebbe così l’unica specie in grado di sfidare le leggi di Madre Natura fino a generare la morte per altre creature e se stesso.

 

Hedy Lamarr

View Comments

  • Il problema di fondo è che di api ce ne sono sempre meno, da qualche anno a questa parte, e di uomini sempre più. E già da decenni troppi. Nessun'altra specie sulla terra ruba lo spazio vitale agli altri come fa purtroppo l'uomo (moderno, i nostri vecchi dovevano pensare a sopravvivere loro e non avevano la forza né i numeri per fare i danni che facciamo noi).

  • A proposito di danni: il pensiero mi va dritto a Giuseppe Ungaretti e alla sua stupenda poesia" Non gridate più " sull'erba che cresce lieta, la' dove non passa l'uomo.

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