Primo piano

Chi vuole distruggere la Svizzera? – di Manuele Bertoli

La risposta più ovvia alla domanda angosciosa di Bertoli sarebbe: i Socialisti.

Pubblichiamo integralmente questo interessante articolo perché intendiamo lasciare agli avversari di “No Billag” tutto lo spazio possibile (ammesso che lo desiderino).

Ci limiteremo soltanto a stigmatizzare la plateale esagerazione del titolo, come se l’esistenza del nostro caro (e minacciato) Paese dipendesse da un’informazione di Stato controllata dal potere politico.

Manuele, lo sai il dialetto? L’hai mai sentita questa? In temp da guèra püssé ball che tèra.

Post scriptum. Vorrei resistere ma non ce la faccio, sono troppo debole. Un blogger ha commentato: “Manuele Bertoli si preoccupa (a parole) di conservare i valori svizzeri? Questo dovrebbe insospettire chiunque!” 

* * *

MANUELE BERTOLI (dal suo sito)  È piuttosto sorprendente osservare come alcune cerchie che si definiscono particolarmente vicine ai valori del nostro Paese abbiano deciso di attaccare frontalmente il modello di coesione e di multilinguismo che esso rappresenta. Lo hanno fatto iniziando la cosiddetta “guerra delle lingue” oltralpe, con l’intenzione di cancellare l’insegnamento del francese dalle scuole a favore dell’inglese, una “guerra” che stanno perdendo, e ora lo stanno facendo con l’iniziativa No Billag, che punta né più né meno a far scomparire la Ssr e le sue filiali regionali, Rsi compresa, dal panorama dei media elvetici. Quasi che la Svizzera festeggiata il 1° agosto con falò e bandiere o con il recupero di alcuni sport ancestrali possa poi essere dimenticata gli altri giorni dell’anno, costringendo gli svizzeri a parlarsi tra loro in inglese o a guardare le televisioni estere o quel che resterà di quelle locali per essere informati, malamente, sul loro Paese. Non moltissimi anni fa la Svizzera era orgogliosa di essere Paese multilingue, di avere avuto radio storiche importanti come Radio Monte Ceneri, Radio Beromüster, Radio Sottens, di aver saputo costruire un Paese su alcuni servizi importanti, le Ptt, le Sbb/ Cff/Ffs, simboli di efficienza e puntualità, di raccontare la nostra storia e il nostro presente agli svizzeri e a chi ci vedeva e ci guarda dall’estero in quattro o cinque lingue, schwiitzerdütsch compreso, attraverso le reti televisive e radiofoniche della Ssr. Un fiore all’occhiello la Ssr, un’azienda pubblica che ha saputo costruire e gestire al contempo tre network radiotelevisivi (uno in tedesco, uno in francese e uno in italiano, con una finestra in romancio) in un Paese di 8 milioni di abitanti, quando all’estero (Italia, Francia, Germania, Austria, Inghilterra) si trattava di crearne e gestirne uno solo, in una sola lingua e potendo contare su un numero di utenti molto superiore. Un’impresa che attraverso la radio e la televisione ha accompagnato le nostre comunità per decenni attraverso la storia e i tanti cambiamenti, grandi e piccoli. Un patrimonio prezioso, fatto di cronaca, notizie, intrattenimento, sport, cultura, giochi, personaggi, documentari, film, radiodrammi, una presenza forte e professionale, pur in un contesto così piccolo e plurilingue come il nostro. Malgrado questo pilastro della Svizzera moderna, c’è chi vuole gettare tutto alle ortiche, facendo tabula rasa. La Ssr non sopravvivrà in caso di cancellazione del canone, inutile speculare o far finta di nulla. Nessuna impresa o azienda può sopravvivere se perde di colpo tre quarti dei suoi introiti senza alcuna possibilità legale di compensarli. Una verità drammatica, ancor più vera per il servizio nelle lingue minoritarie (francese, italiano e romancio). Se passasse l’iniziativa, il servizio radiotelevisivo che conosciamo al di qua delle Alpi e che diffonde l’italiano anche oltre Gottardo semplicemente scomparirebbe. Noi svizzero italiani ci ritroveremmo in una condizione che non abbiamo mai conosciuto, paragonabile, per fare un esempio, a quella dei valtellinesi, con al massimo delle reti radiofoniche o televisive locali piuttosto minimali, costretti per il resto a dipendere da quanto arriva da Milano e da Roma, che per loro sono ancora punti di riferimento nazionali, ma non lo sono per noi. E allora diciamo di no. No a questo colpo di spugna su un pezzo importante della Svizzera, no a questa operazione profondamente offensiva del nostro presente e della nostra storia nazionale, no a questo modo di bistrattare quelle istituzioni che hanno fatto del nostro Paese quel luogo particolare che ci piace, no alla consegna del nostro futuro alle radio e televisioni estere, no alla trappola No Billag.

On. Manuele Bertoli, consigliere di Stato PS

Relatore

View Comments

  • Sì, lo sa il dialetto.
    In ogni caso tutte le forze politiche fanno ambio uso delle balle in temp da guèra! Giustificazione? No, certo. Ma diciamolo.

  • Infatti: chi ha "lasciato" fallire la Swissair? Chi ha iniziato la privatizzazione della posta e ferrovie? Chi ha fatto la legge sulle casse malati? Se non erro i consiglieri federali socialisti..........

  • caro minimodire il suo dire è come la nebbia, basta un raggio di buon senso per diradarla e mi sa che il buon senso non è ne di destra ne di sinistra.....

  • è la nostra ignoranza a darci l'illusione della libertà di decidere dove è il buon senso? :-)

  • Adesso che grazie ai numerosi articoli pubblicati sappiamo tutto o quasi sui dati(i numeri)fondamentali per la serietà della discussione, il mio commento vuole richiamare le questioni per così dire di principio.
    L’argomento é complicato perché si mescolano due temi indipendenti.
    Da un canto vengono coinvolti i valori che stanno alla base del nostro Stato e che si possono sintetizzare nel “tutti per uno”:la solidarietà,quindi la sussidiarietà, il rispetto per le minoranze, tutto ciò che fa della Svizzera un unicum,che permette la convivenza pacifica di realtà tanto diverse (lingue, religioni, culture), che solo una volontà comune può rendere possibile, con quella componente emotiva che fa da collante quando poi il piccolo, orgoglioso della sua indipendenza, é confrontato con lo strapotere del grande ( un aneddoto:”les suisses payent cher “ mi son sentito dire in Francia mentre facevo la fila degli extracomunitari per entrare in un museo, da qualcuno dell’altra fila quella riservata a chi é nell’UE :“c’est le prix de l’indépendance” mi è uscito come risposta spontanea).Un tema di peso che tocca il nostra DNA.
    L’altro tema, é quello che riguarda la libertà di espressione che coinvolge in prima persona ed assume un’importanza cruciale per il giornalista: quello della sua relazione con il potere, nel caso in questione quello con l’autorità politica(quindi non un editore qualsiasi) che é il suo datore di lavoro.Un tema delicato e non di poco conto, evidenziato nelle discussioni sulla votazione da chi é a favore della No Billag:se e in che misura il clientelismo(posto di lavoro che vuol dire voto e viceversa)e il nepotismo, nel XXI sec contano ancora più del merito e della capacità,(sarebbe interessante avere dei dati in proposito per capire quanto c’è di vero e quanto invece è un luogo comune).
    “ ...a me non atto agli intrighi, non ligio a fazioni, sarebbe poco acconcio un posto nel nostro Consiglio composto di uomini pel massimo numero dei quali sono cagion di riso o almeno di indifferenza quelle cose che a me sono potentissimo di riverenza e amore ...”(1826).Dovrebbe suonare come un monito:se quello che dovrebbe essere il fustigatore del potere diventa un servo, si allunga la fila di chi si disaffeziona alla politica, un brutto segno per la democrazia.

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