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L’ipocrisia mascherata da Stop a No Billag – di Gian Marino Martinaglia

Quanta ipocrisia usano i partiti e i loro politici, quando viene toccato il mezzo di persuasione più efficace e ammaliante che serve a conservare il loro potere, la loro sovranità! Da destra a sinistra sono tutti molto interessati, al punto che potrebbero anche fingere un sostegno all’iniziativa per farsi pubblicità e guadagnare voti, per continuare ad andare in onda.

L’UDC che ama gli slogan per la sovranità del popolo, è incoerente nella sua applicazione pratica: fa circolare un giornale di propaganda senza menzionare Stop Billag. Fra i leghisti il comune di Lugano e il consiglio di stato ove siedono in due, si schierano contro. Se avessero molto più peso nella radioTV non starebbero a sostenere, come fanno i socialisti, una iniziativa che è stata lanciata da giovani senza il sostegno di alcun partito. C’è poi chi pensa al giro di denaro “indotto” che torna in Ticino, come se il sovrano che paga non fosse lo stesso e come se non ci fossero entrate più consone come l’imposta federale diretta!

Quanti argomenti fuori posto si sollevano senza entrare nel vero nocciolo della questione: ma la radioTV -il persuasore occulto di Giorgio Gaber o l’ambiguità sollevata dal cardinal Martini o ancora la violenza che si dovrebbe tassare come dice anche Karl Popper – è un bene pubblico, un vero servizio? E non si dovrebbe allora finanziare con imposte sul reddito proporzionali alle possibilità di ognuno? E ancora c’è chi come me rifiuta questi mezzi a senso unico perché mai dovrei pagare un mezzo così ambiguo, per farmi condizionare da qualche politico che abusa della vera sovranità svizzera?

E infine siamo coerenti si paghi ciò che si consuma! La costituzione ha già previsto la liberalizzazione di regie federali più importanti come la telefonia, l’elettricità o l’acqua di cui nessuno parla! La TV non è indispensabile e potrà cavarsela benissimo come fa la Swisscom. Con la tecnologia si può facilmente implementare tutti gli aiuti anche per gli andicappati e internet può fare ancora di più. Ciò che serve a un popolo maturo come gli svizzeri (non mi riferisco a slogan incoerenti di politicanti) non è certo un mezzo di propaganda di massa, un tutore benevolo, un distributore di notizie e insieme giocoforza di scemenze da mercato.

Non c’è un gran senso della sovranità o della cultura della democrazia diretta, ma che cosa sia un servizio pubblico o come si dovrebbe gestire lo si apprende proprio dai politici: globalizzano, centralizzano, burocratizzano e poi vi tengono coesi al vostro video del cuore con i loro dibattiti inutili. Non importa se gli intrattenitori siano a maggioranza di uno o dell’altro colore, non è quello il punto. Pensate senza video e senza di loro, in Svizzera siete sovrani ma con una sana avversione al potere e alle derive totalitarie. Chiaro?

E fate un pensiero anche sul secondo oggetto in votazione: l’IVA sui consumi di base è antisociale e la IFD doveva essere limitata nel tempo a situazioni d’emergenza. Perché aggiungere un altro canone fisso antisociale e antiliberale?

Gian Marino Martinaglia

Relatore

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  • Signor Martinaglia il suo articolo oltre che sgrammaticato, è di difficile comprensione esprime lacunosi e contorti pensieri dai quali è più facile trarre un controsenso rispetto a un senso. Vorrei cercare di fare alcune chiare precisazioni aldilà di quello che dicono o fanno gli schieramenti politici ai quali lei tiene tanto.
    La privatizzazione è sempre una sconfitta per la democrazia. Il concetto pago ciò che consumo è proprio della povertà del discorso politico di questi anni che vuole disconoscere l'importanza del servizio pubblico, non solo non curandosi del minus habens dovuto a una sua possibile scomparsa, ma altresi dimenticandosi la ridistribuzione della ricchezza e il ruolo di coesione sociale che gli enti pubblici o parastatali hanno sempre rappresentato. Le tasse ( la Svizzera nello scenario dei paesi occidentali non figura certo come paese con aliquote e riscossioni eccessive) servono a garantire il primo compito di una democrazia: accesso alla cultura, ai servizi, al lavoro equamente retribuito e il riconoscimento dei diritti civili e sociali nell'interesse di tutti e non secondo esigenze particolari. Le riforme dei servizi pubblici e la critica distruttiva degli stessi hanno come fine l' apertura ad investitori pronti a fare cadere uno dopo l'altro diritti e servizi in nome del profitto avvalendosi di qualsiasi mezzo non da ultimo quello della manodopera a basso costo da paesi limitrofi. Voi che pontificate le privatizzazioni e le liberalizzazioni vi qualificate come irresponsabili pronti a svendere il patrimonio culturale e democratico del nostro paese.

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