Sono tornato ieri sera dopo otto giorni e mi sto interrogando su una questione cruciale: a che punto è il referendum, intendo la raccolta delle firme? Mancano pochissimi giorni e sono in caccia di informazioni attendibili. Le avrò?
Impegnatissimo, Franco Cavallero produce una serie di riflessioni sulla scuola: del passato, del presente e del futuro (SCV).
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Il fatto è però, mi perdoni, che Lei non può che giudicare con lenti sincroniche, ossia guardando la realtà come è oggi, e non con lenti diacroniche, come sarebbe necessario. Questo le dico non attribuendole la minima colpa di questa posizione che deve obbligatoriamente prendere per difendere il progetto “Scuola che verrà”.
Avremo occasioni e campo di ricordare certi punti. Per oggi basti dire che da cinquant’anni ormai la scuola ticinese ha fatto una scelta deleteria. Non la scuola media “sic et simpliciter”, non il voler privilegiare poco o tanto i docenti di estrazione socialista. Queste cose, se non d’accordo, si sarebbero potute superare o perlomeno affrontare.
Il siluro fu un altro. Non ne parlo diffusamente oggi perché devo prepararmi bene al difficile assunto. Sinteticamente posso dire che la Scuola media fu avviata senza avere esatta cognizione di ciò che prima sarebbe dovuta rimanere la Scuola elementare. In poche parole si è banalizzato. Si è finto che tutti potessero in fin dei conti arrivare senza alcun correttivo in prima media. Poi, di finzione in finzione, si è ritenuto necessario di rendere la Scuola media aperta, eterogenea, così da dichiararla veramente nuova e democratica.
Vennero le sezioni, A e B, poi i livelli: fu un irrompere di eventi in fondo logici perché già la porta d’ingresso era stata abbattuta. Ora vediamo tutti dove siamo arrivati. E poi? Più in là c’è sempre più esigente, sempre più arcigno, il mondo del lavoro, quello che non fa sconti. Dove i pedagogisti hanno ben poco impatto.
Sotto: la finzione non è sempre il portare una maschera, è anche il permettere che altri la portino, senza accorgersi alla fine che ciò comporta origini e conseguenze di cui più nessuno si spiega la ragione.
Franco Cavallero
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