La direttrice del Giornale del Popolo Alessandra Zumthor si è espressa oggi mediante una nota stampa, nella quale in sostanza muove delle critiche all’Editore (il Vescovo di Lugano).
“Lasciare intendere che il fallimento di Publicitas comprometterebbe il 40% dei ricavati societari annui del giornale è inesatto: in primo luogo si dimenticano le entrate garantite dai nostri abbonati, inoltre da inizio maggio la direzione aveva individuato una nuova agenzia che avrebbe continuato a raccogliere pubblicità per la testata, ma la cui offerta non è stata presa in considerazione”.
“Ci si permette di osservare che l’appello lanciato tre settimane fa dal giornale ha avuto pieno successo. Oltre a migliaia di abbonati e sostenitori, che hanno dato piccole e preziosi donazione, si sono fatti avanti imprenditori del Canton Ticino, convinti che la mancanza di un quotidiano cattolico nella Svizzera Italiana (tra l’altro l’unico rimasto) sia una grave perdita. Sottoposto loro un business plan per ripartire, si è riusciti a raccogliere i finanziamenti necessari per metterlo in opera”.
“Ma nemmeno questo progetto è stato preso in considerazione”.
* * *
Fin qui le ragioni di Zumthor (e, ovviamente, quelle dei suoi collaboratori), che debbono essere prese in adeguata considerazione. Ci permettiamo tuttavia di formulare un’obiezione e una domanda.
Il Vescovo ha portato i libri in pretura ma è il Pretore che ha decretato il fallimento. Perché lo ha fatto? Verosimilmente perché lo vedeva come inevitabile.
Per l’intero 2018 al GdP sarebbero occorsi (dato ufficiale) 4,65 milioni. Quale parte di questa pesante somma si sarebbe potuta coprire con abbonamenti, pubblicità, donazioni spontanee? È una domanda cattiva? No, è una domanda logica; di più, una domanda obbligata.
Per il Vescovo sono giorni amari. Colpevole o innocente che sia (ma noi non abbiamo alcuna intenzione di porci tra i colpevolisti) egli subisce un danno d’immagine molto grave. È una vittima anche lui, come Alessandra, come i bravi giornalisti che hanno perso il posto.
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