Brexit. A due anni dalla scelta popolare che ha dato avvio all’uscita del Regno Unito dall’unione Europea, il governo inglese perde i pezzi. Un premier in caduta libera, ed un ministro che si dimette. E lo fa, forse, proprio per diventare premier.
Boris Johnson si è dimesso. Il falco dei Brexiter e ministro degli esteri ha dato le dimissioni stamane per contestare la scelta dell’uscita soft dall’Unione del premier Theresa May. Il ministro, soprannominato anche Boris il Rosso, per la sua capigliatura trumpiana e il suo carisma celtico, punta da tempo a diventare premier, e le dimissioni di protesta a un governo non più sostenuto potrebbero essere l’anticamera a un governo da lui stesso guidato.
Si è dimesso anche il ministro in pectore per la Brexit, David Davis, che si pone sulla linea dei contestatori della May, seguito a rotta dal suo vice Steve Baker.
Non è piaciuta infatti, ai musi duri dell’impresa, la scelta di compromesso della May di puntare a un mercato unico doganale europeo, vista come un tradimento dell’impresa britannica.
Al posto di Davis, la May ha nominato Dominic Raab, astro nascente del partito conservatore, euroscettico, sostenitore di Leave durante la campagna per il referendum, a cui adesso toccherà il compito di negoziare con Bruxelles.
Dall’alto degli spalti di Bruxelles tuona Guy Verhofstadt, il coordinatore della Brexit del Parlamento europeo, che proprio all’epoca dei fatti definì coloro che già allora si dimettevano come “topi che lasciavano una nave in naufragio”, e che oggi si dice invece certo di una cooperazione con l’Inghilterra, certo delle sue scelte migliori. Guy si è infatti augurato che il Regno Unito “assuma una posizione tale da concludere un ampio accordo di associazione con l’UE: è nell’interesse di entrambi che i negoziati vadano avanti”.
E la May, che da una parte perde credibilità tra i suoi ex supporters, dall’altra suscita reazioni rabbiose nei Brexiter più ferventi (e dominanti) perde sempre di più.
L’Inghilterra dimostra tuttavia di essere coerente con una scelta presa e portata avanti. O con vigore, o con litigi. Ma portata avanti. Sempre e comunque.
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