Ricordo di Azuma Kenjiro (le culture diverse ci arricchiscono)
“Più di così non potevo vivere, meno di così non potevo vivere. Credo che potrò partire serenamente, io.” (Azuma Kenjiro).
Alla cultura mondiale ha dato molto. Come Bernard Leach nella ceramica, è un’artista che ha saputo integrare culture agli antipodi fra di loro. Quella giapponese con quella europea. Nel suo caso, quella italiana in particolare.
Nel caso di Azuma è quasi un caso fortuito che abbia potuto venire a vivere fra di noi per studiare a Brera nel 1956, sotto la guida di Marino Marini. Infatti per soli 10 giorni, nell’Agosto del 1945, Azuma si salvò fisicamente dalla morte, a seguito del lancio della bomba atomica su Hiroshima, che rese possibile la fine del conflitto mondiale e condannò il Giappone alla resa incondizionata.
Arruolatosi da poco con i Kamikaze (il vento divino) che avevano il compito nel finale della guerra di lanciarsi come proiettili umani contro le navi americane, con morte certa, la sua imminente missione venne cancellata. E quindi fece ritorno a casa, ma non fu una gioia, anzi.
Dice Azuma in un’intervista televisiva :” io ho offerto la mia vita per l’Imperatore. L’Imperatore era il mio dio. Poi, di colpo (dictat del Generale McArthur), l’Imperatore divenne un uomo comune. La mia Fede uscì dal mio corpo.”
Gli occupanti americani salvarono la vita a Hirohito, ma nella Costituzione lo fecero diventare “umano”. Era quindi morta tutta la sua parte invisibile: anima, spirito, fede, amore: “ero diventato solo materia. Non parlavo più.”
Marini osservando il lavoro del suo allievo lo spronava a “non dimenticare che sei giapponese”, cioè di non perdere di vista il suo background culturale. Il mondo del “mu”, del vuoto, sintesi dello zen.
Il “vuoto“, nella cultura giapponese non è un concetto negativo, un nulla, come piuttosto lo consideriamo noi in occidente, ma è il complemento con il pieno: il vuoto e il pieno vivono in armonia.
“Il bicchiere vuoto è sempre pronto a ricevere” – sosteneva Azuma. “Il vuoto è parte dell’invisibile e la parte invisibile, rimane eterna. Dalla morte non si può scappare e quando arriva non si può essere tristi. Perché la parte invisibile, l’anima, rimane eterna”.
Il maestro negli anni, proseguendo nelle sue ricerche, proverà che il “mu” vuoto, l’assente, l’invisibile, l’immateriale, e lo “yu”, il pieno, il presente, il visibile , convivono insieme. Di conseguenza, le sue opere rifletteranno sempre un aspetto: la materia diventa una forma rivelatrice del vuoto, l’anima, che in sostanza sta oltre la nostra esistenza. Azuma ha in conclusione allargato le nostre conoscenze sotttolineando quanto differenti siano le filosofie fra oriente e occidente. Ma che possono coesistere.
Da vedere un’intervista di qualche anno fa con la RAI. Fa bene al cuore ascoltare questo omino, sorridente e gentile e grande artista e filosofo, raccontarci la sua drammatica vita ed i suoi concetti del vivere e dell’arte con una semplicità giustamente zen.
Una bella storia che può essere sintetizzata così : da kamikaze ad illuminato.
Vittorio Volpi
A Lugano si terrà una veglia di preghiera contro l'omobitransfobia. L'intento è nobile: tutelare una…
Tommaso Berletti Dopo aver dato una panoramica sul messale romano, sull’Avvento e sul Natale fino…
Ricordo dell’incontro a Pura (Malcantone), fra il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e…
LUGANO – Domenica scorsa, il cuore di Lugano si è colorato di speranza e impegno…
di Giacomo Broggi Dal Simposio della Fed reserve bank di Kansas city, su monetary policy…
Sul finire d’un giorno d’estate, sedeva sulle pendici delle dolci colline emiliane, un uomo anziano…
This website uses cookies.