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Due votazioni epocali per il modello elvetico – di Iris Canonica e Pio Eugenio Fontana

Il popolo svizzero sarà chiamato ad esprimere il suo volere sull’iniziativa «per l’autodeterminazione» del prossimo 25 novembre e sul referendum che, con ogni probabilità, si terrà nel maggio 2019 sull’adozione in Svizzera della legge disarmista decisa da Bruxelles.

Con questi due voti di portata epocale, egli deciderà se continuare ad esistere come sovrano di un sistema democratico e, più a lungo termine, come popolo. L’iniziativa per «l’autodeterminazione» prevede di completare gli articoli 5 e 190 della Costituzione federale, che regolano i rapporti tra il diritto federale e quello internazionale, aggiungendone uno nuovo, il 56a, che sancisce il primato generale del diritto costituzionale svizzero rispetto ai trattati internazionali («diritto internazionale») conclusi dalla Svizzera, tranne per quel che riguarda le disposizioni cogenti (che non possono, cioè, essere derogate) del diritto internazionale, quali il divieto di doppio giudizio e doppia punizione, il divieto della tortura, eccetera. Detto articolo impone quindi ai giudici ed alle autorità amministrative svizzere di applicare i trattati internazionali contrari alla nostra Costituzione solo se approvati dal sovrano tramite referendum. Prevede anche che in caso di «contraddizione», le autorità adeguino i trattati internazionali ai dettami della Costituzione o, qualora ciò non fosse possibile, li denuncino. Contiene anche una clausola secondo la quale queste nuove regole si applicano anche ai trattati internazionali già in vigore. Si tratta, in sostanza, di ancorare nella Costituzione, in modo inequivocabile, il principio che la sovranità del popolo non può essere subordinata a decisioni prese da parlamenti od organizzazioni straniere. Il che, nonostante le frottole di coloro che si oppongono all’iniziativa, è la base minima necessaria perché si possa parlare di democrazia. La democrazia, infatti, implica l’esistenza di un soggetto democratico, il libero cittadino, caratterizzato dall’appartenenza ad una comunità (il popolo), alla cui vita sociale e politica partecipa attivamente, condividendone le decisioni ed il destino. La cosa di cui essa ha innanzitutto bisogno per esistere è uno spazio pubblico, un luogo comunitario identificato e protetto da confini (un Paese), che permetta al popolo di esistere politicamente e di esercitare il suo potere, autodeterminandosi. Il Paese è il punto di articolazione tra demos e polis, il luogo in cui la folla diventa popolo e nazione. La sovranità dei liberi cittadini all’interno del loro Paese è dunque la conditio sine qua non per poter parlare di democrazia. Il che è in contrasto con quanto sta succedendo in Europa. La caduta del comunismo, nel 1989, è stata l’inizio di una rivoluzione che non ha portato alla generalizzazione della democrazia, come in tanti avevamo sperato, ma alla sua sostituzione con un nuovo modello di autoritarismo, una sorta di cesarismo finanziario (la Governance) che consiste nel governare i popoli tenendoli in disparte o, addirittura, eliminandoli come entità definite da culture, tradizioni comuni, senso d’appartenenza e confini nazionali. Si tratta di una crisi epocale, contrassegnata dalla completa emancipazione della finanza di mercato dall’economia reale e dal suo prevalere sulle regole basilari del modello di democrazia che si oppose al nazismo ed al comunismo. Tutto ciò che sosteneva l’identità è stato messo in crisi. La pianificata liquidazione dei valori di riferimento e dei punti fissi ha portato alla fragilizzazione dell’individuo, rendendolo più solo, condizionabile, vulnerabile ed incapace di agire da cittadino e non da suddito. Sul piano normativo, l’obiettivo è di favorire che egli diventi ancora più scollegato dai suoi simili: l’esaltazione del «nomadismo», la negazione delle identità collettive, lo sradicamento delle culture particolari, l’amnesia programmata del passato, l’abbandono delle preoccupazioni identitarie, la critica di ogni forma di appartenenza e filiazione, sono tutte manifestazioni dello stesso progetto oligarchico. A livello politico, la Governance spezza la classica gerarchia, lo Stato perde la sua funzione e si vede confinato in un ruolo di agente esecutore, essendo le decisioni prese sempre più da attori sovranazionali cooptati, senza legittimità democratica, sulla base di interessi negoziati a livelli superiori. L’esempio di ciò a noi più vicino è, senza dubbio, l’Unione europea, lo strumento che è stato utilizzato per sottomettere i parlamenti ed i governi nazionali alle organizzazioni di potere parallelo. In Europa, però, non tutti sono d’accordo che le cose vadano in questo modo. Anzi, sono sempre di più ad aver capito cosa sta succedendo ed a tentare di ribellarsi, anche a costo di essere bollati come «populisti» e «sovranisti». Che, poi, nell’accezione di cui sopra, equivale all’accusa di essere «liberi cittadini», uno status inaccettabile agli occhi della Governance. D’altra parte, anche in Svizzera, persino il termine di «patriota» ha assunto per alcuni una connotazione negativa. Ma non per noi. Noi teniamo molto al modello di società libera, democratica, sovrana ed ancorata ai valori su cui è ancora basata la nostra nazione, in particolare la democrazia diretta con i suoi diritti popolari.

Per queste ragioni voteremo un convintissimo sì il prossimo 25 novembre all’iniziativa per «l’autodeterminazione» e compiremo ogni sforzo affinché anche il referendum abrogativo della legge disarmista impostaci dalla UE vada a buon fine nel maggio 2019. Vi è, infatti, una sola cosa che spaventa i dittatori e gli oligarchi più dei «liberi cittadini»: i «liberi cittadini armati». È sempre stato così ed è ben per questo che Machiavelli, ammirato, descrisse i nostri avi come «armatissimi e liberissimi».

Iris Canonica Pio Eugenio Fontana, Associazione Libertà e Valori

Articolo pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso degli Autori e della testata

Relatore

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  • "Unione europea, lo strumento che è stato utilizzato per sottomettere i
    parlamenti ed i governi nazionali alle organizzazioni di potere
    parallelo" Cosa??

    Certo, l'UE ha dei problemi, ma descriverla come una sorta di macchina da sottomissione è assurdo: ogni singolo membro è aderito VOLONTARIAMENTE E SOVRANAMENTE perché reputava di trarre dei vantaggi dall'integrazione. Prendere un impegno e legarsi ad un trattato è espressione della sovranità, non negazione di essa.
    Comunque, come il caso del Regno Unito dimostra, se uno stato è scontento può uscire dal club, chiaramente senza pretendere di poter continuare a giocare a golf e andare alle cene come faceva prima.

    Nel nostro caso, dobbiamo riprendere la Direttiva sulle armi dell'UE perché il popolo ha SOVRANAMENTE E VOLONTARIAMENTE deciso di entrare nello Spazio Schengen (con il 54% dei consensi nel 2005) e così facendo ha accettato di riprendere le relative direttive. Se la maggiornanza nel frattempo avesse cambiato idea decidendo che Schengen è dannoso, potrebbe lanciare un'iniziativa e farci uscire dallo Spazio.

    ==> Siamo già padroni di decidere il nostro destino, tutto ciò che dobbiamo fare è votare su iniziative che pongano domande chiare. Ribaltare la naturale gerarchia del diritto non ci ridarà una sovranità che non abbiamo mai perso, ma in compenso creerà instabilità e indebolirà l'immagine del diritto internazionale, uno degli asset del nostro paese.

    (Oltretutto, i negoziatori Svizzeri hanno fatto un ottimo lavoro e la Direttiva UE sulle armi non ci impedirà né di portare l'arma a casa alla fine del servizio, né di praticare il tiro amatoriale, infatti sarà solo necessario iscriversi ad una società di tiro oppure sparare regolarmente.
    --> Anche l'accusa secondo la quale l'UE ci sta togliendo le armi, è falsa, se non ci credete leggete qui:
    https://www.fedpol.admin.ch/fedpol/it/home/sicherheit/waffen/aktuell/eu-waffenrichtlinie-faq.html )

    • Sulla prima parte si potrebbe discutere un po', infatti i processi di adesione sono stati qua e là non sempre proprio democratici e le varie tappe dell'integrazione europea sono state presentate come ineluttabili e necessarie quando invece erano delle precise scelte politico-finanziarie che potevano (dovevano?) essere evitate.

      Sulla seconda parte, sulle armi... concordo al 100%. Smettiamola con queste fandonie sensazionalistiche tipo "La UE ci vuole disarmare!1!1!!". La direttiva è in realtà molto blanda e si applica in un paese dova già il controllo sulle armi è piuttosto allentato. E poi suvvia, la prosperità della Svizzera non credo sia basata sulle armi in solaio. Quanti ball...

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