Non solo quindi una storia di “goloseria” fotografica messa in scena per celebrare il prodotto ma, come recita il comunicato stampa, anche un omaggio ad Andrea Fabbri attraverso gli scatti che diventano scene di quasi “quadri digitali” retroilluminati o di grande formato, quasi veri e propri set cinematografici. I 19 fotografi , di chiara fama e giovani promettenti sono Angelo Anzalone, Linda Bertazza, Paola Binante, Massimiliano Camellini (che entra direttamente con l’occhio della macchina fotografica nel luogo di lavoro degli operai della fabbrica ), Silvio Canini, Alessia De Montis, Vincenza De Nigris, Franco Fontana, Giovani Gastel, Piero Gemelli, Mataro da Vergato, Stefano Mazzali (con un trittico in rosso, nero e bianco quest’ultimo colore che rispecchia il particolare del vaso della Fabbri nelle due torri simbolo di Bologna), Brigitte Niedermair, Joe Oppedisano, Pierpaolo Pagano, Gianni Pezzani, Stefano Scheda, Pio Tarantini, Rui Wu, riuniti per interpretare a modo loro, il “senso” dell’ Amarena Fabbri. Coordinati da Nino Migliori, il fotografo 92 enne che peraltro, collaborò in gioventù all’azienda Fabbri e che partecipò, vincendo tra gli altri, la prima edizione del Premio. Concludendo, come dice Nicola Fabbri:“ […]e’ la prima volta che il Premio Fabbri, assegnato con cadenza triennale, sceglie in modo specifico la fotografia. Scultura e pittura avevano fatto da padrone in tutte le precedenti edizioni. Una scelta che trova ragione nella sempre maggiore internazionalità del nostro marchio, oggi presente in più di 100 nazioni nei 5 continenti. Il linguaggio della fotografia appare oggi più “universale” di quello, pur assoluto, dell’arte. Già in questa edizione vantiamo autori di provenienza o respiro internazionale per cogliere le visioni originali, diverse, sicuramente stimolanti che vogliamo far emergere dalle sensibilità di ciascun territorio”.
Concludendo, la Mostra “13 anni e un secolo – Fotografia” , in preview oggi per la stampa, propone un piccolo viaggio nella storia italiana di tante case comuni, attraverso un oggetto molto amato dalle massaie, il suo contenitore di ceramica dipinta, e da tanti bambini allora come ora , per il suo contenuto di ciliegie succose attraverso un piccolo rito da ricordare e condividere insieme. Un oggetto che merita una celebrazione per l’amore che rappresenta ed il cuore con cui viene aperto e consumato il contenuto goloso. Come recita il catalogo della mostra “ci si stupisce di come le cose passino rapidamente, ci si stupisce che si, ci stia venendo incontro un altro Natale. Ci si stupisce che il numero di queste mostre nate per festeggiare l’anno di fondazione della nostra azienda, corra e ci porti alla sesta edizione […]”.Lo stupore. Lo stesso stupore che tanti bambini italiani hanno provato da quel lontano 1905, di fronte a quella goloseria “farcita di buono” dal gusto polposo di ciliegia, quando la nonna faceva fare loro merenda con una carezza ed un sorriso. In fondo, anche questa messa in scena di una goloseria tipica italiana è un rito dolce da ricordare, soprattutto, a Natale.
Cristina T. Chiochia
Sacco di Roma * * * Se ne parla spesso, del relativismo culturale. Ma cosa…
Luca Steinmann, giornalista freelance e docente, collaboratore dall’Italia per il Corriere del Ticino e inviato…
La rubrica specifica Arte - accanto alla già esistente Cultura - è stata creata da…
5 maggio 1821. Una data, la fine di un'epoca, la morte dell'Imperatore, prigioniero del mondo…
Una storia di spie da film, quella della russa Olga Kolobova, vissuta per anni a…
Questa intervista viene pubblicata mentre il Consiglio comunale di Lugano si riunisce in una seduta…
This website uses cookies.