di Vittorio Volpi
Oggi pomeriggio la stampa americana dà un forte risalto al lancio con successo nella Corea del Nord di un nuovo tipo di missile di cui non si danno dettagli, se non “tactic guided missile”. La notizia della nuova bravata del “rocket man”, come lo apostrofò Donald Trump, di per sé non farebbe grande notizia, ma per almeno due ragioni è rilevante.
La seconda ragione sottolinea invece il fallimento di Trump e della sua diplomazia nel negoziare la totale denuclearizzazione della Penisola Coreana.
L’ultimo incontro ad Hanoi ha costretto Trump a dichiarare che qualche volta “you should leave the table”, cioè se non è possibile un accordo/compromesso ragionevole, meglio andarsene.
Domanda e offerta erano molto lontane: Washington puntava al disarmo nucleare senza se e senza ma. Kim invece voleva concedere alcune cose in cambio dell’abolizione delle sanzioni USA (e alleati) che intuibilmente fanno male.
Come al solito, per chi si è preso la briga di leggere la storia della Corea del Nord dall’armistizio del ’53, la dinastia autocratica dei KIM si è sempre caratterizzata per la sua abilità negoziale basata su bugie, falsità e per la sua ferocia con i dissidenti.
Come poteva pensare Trump di riuscire dove è impossibile senza un accordo con Pechino che è il “burattiniere” della situazione? Non fosse altro perché controlla il 90% del commercio con Pyongyang? E tenendo pure in un cantuccio sia la Corea del Sud ed il Giappone, il più minacciato dai missili balistici di Kim.
Il lancio di oggi, leggendo nelle esperienze di Kim, non sembra casuale. Appare essere un monito a Washington per segnalare che o si procede sulle proposte di Kim fatte ad Hanoi oppure il dittatore Nord-Coreano, ormai forte per possedere l’atomica, ricomincerà a spaventare i suoi “nemici”.
La soap-opera a base purtroppo di bombe nucleari ci rimanda alla prossima puntata.
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