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La giovane talpa del populismo scava la terra sotto l’utopia della globalizzazione

di Achille Colombo Clerici

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Ci permettiamo un’osservazione. “Sovranismo” e “populismo” vengono oggi quasi identificati, come se l’indipendenza e la sovranità dei “vecchi” stati fosse voluta unicamente dal cosiddetto popolo bue. Noi scriviamo dalla Svizzera (precisamente da Lugano) e sappiamo che il nostro Paese è impegnato in un duro confronto con l’Unione europea, che preme su di essa e – almeno per certi aspetti – minaccia la sua indipendenza.

L’accenno alla Repubblica di Weimar, che fu seguita dall’atroce e criminale Nazismo, sembra francamente esagerato. Ma l’articolo è dotto e interessante, e merita di essere letto.

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Giulio Tremonti, nel suo recentissimo saggio «Le tre profezie. Appunti per il futuro» analizza le radici di populismo e sovranismo nell’Europa di oggi. Per capire il grande disordine che investe le nostre vite, prende spunto da tre profezie. Quella di Marx sulla deriva del capitalismo globale; la previsione del Faust di Goethe sul potere mefistofelico del denaro e del mondo digitale; infine l’intuizione di Leopardi sulla crisi di una civiltà che diviene cosmopolita. Tre chiavi di lettura che l’autore intreccia con la personale esperienza di studioso e di protagonista della politica.

La giovane ‘talpa’ del populismo sta scavando il terreno su cui, appena caduto il muro di Berlino, è stata costruita l’utopia della globalizzazione. Oggi sembra di essere tornati agli anni ’20 della Repubblica di Weimar, in una società stravolta e incubatrice di virus politici estremi.

Passando alla storia, rifletto: la complessita’ della questione europea nasce dal fatto che nel progetto dei padri fondatori si intrecciavano economia e politica; ma poi oggi e’ la prima a tener banco. Molte regole vanno raddrizzate se non si vuole che si ripeta la vicenda della Lega di Delo.

Nel 477 a.C. si costituiva un’alleanza economico-militare che univa gli ateniesi e le città-stato indipendenti (poleis) loro alleate in una difesa comune contro il pericolo persiano. Ciascuna polis contribuiva a mantenere la flotta sia fornendo direttamente le triremi, sia pagando un tributo
al tesoro comune.

Nel giro di una generazione la Lega di Delo era divenuta un pretesto per coprire l’imperialismo di Atene, il suo sogno di egemonia. Il tesoro della Lega venne trasferito dal santuario di Apollo, nell’isola di Delo, al tempio ateniese del Partenone.

La giustificazione fu che, così, era messo al sicuro da un eventuale attacco persiano nell’Egeo; in realtà da allora in avanti Atene ebbe mano libera nell’utilizzo dei fondi. Nel 449 a.C. fu stabilito un accordo tra Atene e la Persia. A quel punto, di fatto, cadevano i motivi per cui era stata costituita la Lega.

Diverse poleis sospesero il pagamento dei tributi, ma Atene reagì: richiamò gli alleati e ridusse l’autonomia di quelle città che si erano ribellate. Il predominio ateniese divenne sfrontato. Il Consiglio della Lega non fu più convocato; tutte le decisioni vennero prese da Atene.

Fu imposta la dracma come moneta comune, ma ancora più pesanti furono le ingerenze di Atene nella politica interna delle varie città: molte di esse passarono ad un governo di tipo democratico non per libera scelta, ma per obbedienza, visto che ovunque Atene imponeva le sue guarnigioni militari. Dopo un tentativo di riforma (nuova Lega di Delo, ma Atene continuava a prevaricare sulle altre poleis), tutto finì con la rivolta di alcune città e la sconfitta di Atene.

Relatore

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