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Alcune riflessioni post elettorali – di Tito Tettamanti

C’è qualcosa da aggiungere a questo sobrio, puntuale, ragionevole commento? Come diceva Oscar Wilde (che è finito male, anzi malissimo) “posso resistere a qualsiasi cosa, tranne che alla tentazione”…

Quanto al PLR, che dal 2011 tutti vedono come il partito numero due, io sottolineerei che in parlamento, esso rimane il numero uno.

Quanto all’impareggiabile Marty, che faceva dipendere la salvezza della Repubblica da quella del soldato Ryan, bisognerebbe almeno ricordare che egli fu consigliere di Stato PLR dal 1989 (succedendo a Generali senza elezione, per semplice designazione del partito) al 1995, poi consigliere agli Stati PLR per quattro legislature, sedici lunghissimi anni. Ora sappiamo che il soldato Ryan è stato, abbastanza facilmente, salvato. Governerà il DECS (con enorme stizza dei liberali) e proporrà nuove illuminanti e inclusive riforme.

Quanto al “querulo” Pronzini io direi: fare un casino d’inferno costa immane fatica ma, alla fine, serve.

Infine, io avrei speso una parola sui sondaggi che, unici – non si poteva scegliere – sono risultati gravemente fuorvianti. O si riesce a fare un po’ meglio, o una rinuncia sarebbe opportuna. Il pubblico ne esce disorientato.

* * *

Ho seguito i commenti del dopo elezioni ticinesi. Mi è parso che qualche aspetto non abbia avuto il rilievo che meritava. Ad esempio il fiorire di partitini, che ha portato il numero delle liste a 18, è un’espressione della sempre maggiore frammentazione della società. In molti Paesi europei vi sono Parlamenti con dieci o più partiti costretti dopo estenuanti trattative di mesi a costituire Governi arlecchino composti da forze politiche contraddittorie prive di una vera comune progettualità e limitati all’amministrazione burocratica del Paese. La frammentazione e la perdita di rappresentatività dei corpi intermedi devono preoccupare. «Più donne» o «Spazio ai giovani» sono ad esempio rivendicazioni, non programmi per gestire una collettività.

Interessante il successo, anche se ancora modesto di dimensioni, dell’MPS, dovuto più che al querulo Matteo Pronzini, alla cultura ed intelligenza politica di un Giuseppe Sergi che si allinea con i successi politici ed elettorali della AL Alternative Liste di Zurigo e Basilea, della Linke germanica, di Mélanchon in Francia, di Podemos in Spagna, di Tsipras in Grecia e altri ancora. In alcuni Stati la sinistra alternativa ha addirittura cancellato la socialdemocrazia.

Ho seguito un breve scambio di opinioni a TeleTicino tra la signora Anna Biscossa, esponente di una socialdemocrazia con responsabilità di governo che si metteva le mani nei capelli (cosa che non le risulta difficile) dinanzi alla categorica intolleranza totalitaria della signora (poco) Angelica Lepori dell’MPS. Messaggio inequivocabile di quest’ultima: sì, possiamo anche unirci se farete come noi. Conseguenza ipotizzabile un pesante spostamento dei socialisti su posizioni intransigenti di sinistra. La mancata esplosione ticinese dell’onda verde non deve illudere, la pressione per politiche e misure coerenti con il loro pensiero verrà da un movimento mondiale ben organizzato e molto incombente.

A proposito dell’erosione continua dei partiti tradizionali parliamo di un fenomeno molto vistoso sul piano europeo. La Democrazia cristiana ed il Partito socialdemocratico hanno il merito di aver ricostituito l’Europa democratica dopo la guerra e i disastri delle dittature. Avendo avuto il potere per decenni i due partiti sono oggi l’oggetto della critica che sgorga dal disagio diffuso tra le popolazioni. La soluzione degli Stati a carattere socialdemocratico: alte imposte, burocrazia pervasiva, socialità assistenziale, alto indebitamento non è più in grado di soddisfare le richieste dei cittadini. Ovvia conseguenza la perdita di consensi e, in molti Stati, addirittura la scomparsa della Democrazia cristiana.

Il quadro svizzero è diverso in considerazione della determinante presenza del Partito liberale (che in Europa ha ruoli marginali) ma prevalentemente per la singolarità della democrazia diretta.

Ciononostante, anche se più lenta, l’erosione dei partiti storici è stata inevitabile anche da noi con afflusso di elettori spesso verso l’UDC svizzera, o in Ticino verso la Lega che però nell’ultima elezione ha perso 4 seggi su 22 che aveva. Come mai?

Le ragioni sono facilmente individuabili. Con i successi e la presenza in maggioranza relativa sia in Consiglio di Stato che nel Municipio di Lugano, dove opera in modo ineccepibilmente istituzionale, nonostante gli sforzi del «Mattino della domenica» la Lega non soddisfa più le frange sfascia-carrozza che hanno perso il loro trascinatore Nano Bignasca. Votano oggi con l’estrema sinistra. Dall’altro lato qualche protestatario e non troppo convinto leghista è tornato a una UDC oggi più vivace e che gode del contributo di alcuni intelletti liberal conservatori. Un prevedibile assestamento quindi, al quale non darei qualità sismiche.

Sul fronte liberale chi si è stupito dell’atteggiamento di Scacchi, Marty e consorti dimostra una grave lacuna. Dimentica che entrambi sono persone di notevole cultura politica, la fonte del loro pensiero la si trova nel radico-socialismo di Édouard Herriot (1872-1957), personaggio francese oggi parzialmente dimenticato ma di originalità intellettuale. Politici per vocazione intellettuale a difesa dei loro valori non saranno mai disposti a barattare la loro posizione di sinistra per qualche seggio. Chi li ha criticati ha confuso principi politici con galoppinaggio.

Per finire abbiamo nel 2019 un Partito comunista con due deputati. Come spiegare l’anacronismo? Mi è stato detto che molti voti – dimenticando qualche irriducibile anziano – sono stati ottenuti dai giovani. Potrebbe darsi e azzardo un’ipotesi: in un panorama molto squallido a proposito del dibattito tra idee e con partiti svuotati, dei giovani potrebbero avere trovato una risposta (anche se sbagliata) al loro desiderio di conoscenza in chi si appassiona ancora alle teorie politiche.

In generale un quadro politico più complesso di quanto possa apparire a prima vista e che merita approfondimenti per evitare di trovarsi impreparati.

Tito Tettamanti

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata.

 

 

Relatore

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  • Analisi interessante e spesso condivisibile (non mi capita quasi mai di dirlo!) di Tito Tettamanti.
    Mi permetto di aggiungere anche io, modestamente, un paio di aspetti delle elezioni cantonali che "non hanno avuto il rilievo che meritavano", per dirla come il finanziere.

    Innanzitutto, se è pur vero che nel nostro cantone non si è visto uno tsunami verde come quello che ha travolto Zurigo, Basilea Campagna e Lucerna, io sono persuaso che quello dei Verdi del Ticino (per il GC si intende, perché per il CdS non è un mistero per nessuno il soccorso ai socialisti) sia un ottimo risultato. I numeri nudi e crudi sono ingannevoli: 6.63% contro il 6.02% del 2015.
    Per fare un'analisi corretta, però, bisogna scavare più in profondità. Innanzitutto i Verdi rispetto a 4 anni or sono hanno aumentato le loro schede, che sono il vero indice di forza di un partito, di più di 550 unità. In un contesto di calo generale della partecipazione, è un segno molto positivo. Ricordiamo peraltro che stavolta i Verdi non avevano "frontman" particolari in grado di attrarre voti preferenziali (inutile dire chi fosse il frontman 4 anni fa): l'importanza delle schede è quindi ancora più accentuata.
    In secondo luogo chiedo a tutti gli osservatori della politica ticinese: chi, nel gennaio 2019 (quindi non un'epoca fa), si sarebbe aspettato un gruppo parlamentare verde di 6 deputati? Viste le vicissitudini del partito, nessuno. Io personalmente avrei scommesso su una riduzione della rappresentanza verde a 3 granconsiglieri.
    Infine, per chiudere il tema dei Verdi, propongo di concentrarsi sulla struttura del loro elettorato. Nel 2015 l'orientamento politico del partito fece sì che il loro elettorato fosse composto, oltre che da una (modesta) base di storici e ferventi ecologisti (birkenstock) anche da "incazzati", simil-leghisti, critici della libera circolazione, ecc. Oggi invece il partito si è completamente riorientato, conducendo una campagna elettorale di sinistra ecologista simile a quelle delle altre sezioni cantonali dei Verdi. È quindi legittimo pensare che una grossa parte di chi votò Verdi (pardon, votò Savoia) nel 2015 questa volta abbia votato altro o non abbia votato. I Verdi non partivano quindi dal 6.02% della scorsa volta ma -diciamo- dal 3%. L'aumento è molto più consistente di quello che un'analisi superficiale potrebbe far credere.

    Il secondo aspetto davvero poco trattato, e questo è ancora più clamoroso, è il risultato del Plrt. I liberali non hanno semplicemente fallito il loro obiettivo, come molti hanno scritto: hanno straperso. Quello del 7 aprile è il peggior risultato per il Consiglio di Stato del Partito Liberale Radicale da quando in Ticino vige l'attuale sistema democratico! Il risultato (24.49%) è persino più basso di quello del 2011, l'elezione-shock in cui la maggioranza relativa passò alla Lega (24.95%). In un'elezione che ha visto (per la prima volta da tanto tempo in Ticino) i cosiddetti "sovranisti" in difficoltà, è davvero una disfatta. Onestamente, devo dire che trovo che questo risultato sia stato davvero troppo poco menzionato dai media, forse troppo occupati (chi a criticare ulteriormente i vertici PPD, chi a gioire del balzo indietro leghista ecc).

    Un terzo aspetto, strettamente legato al secondo, prende spunto dalla matematica. I media (fuorviati dai sondaggi ma anche, checché ne dica Caprara, da una precisa strategia del Plrt) si erano concentrati sul raddoppio liberale a spese del Ps. Ciò sarebbe avvenuto (calcolandolo per semplicità in schede, anche perché in fondo i preferenziali vanno nei due sensi e quindi in gran parte si annullano) con il doppio più una delle schede Plrt rispetto a quelle Ps. I socialisti hanno ottenuto 19'062 schede e i liberali 27'101, quindi possiamo fare le seguenti ipotesi: se il Ps avesse mantenuto questa base elettorale sarebbero servite 38'125 schede. Oppure, se il Plr si fosse mantenuto e ad essere calato fosse stato il Ps, ci sarebbe voluto un crollo dei socialisti a 13'550 schede. Oppure ancora, soluzione intermedia, 15'000 schede Ps e 30'001 schede Plrt.
    Tutto questo per dire cosa? Per dire che, per quanto Dick Marty sia un politico rispettato, non è certo sua la colpa di questa disfatta liberale. Non ha sicuramente spostato tutte quelle schede. Il Plrt si interroghi un po' più su sé stesso!

    • Vedo che sei molto competente. Hai creato un bel post (anche se ti interessi esageratamente ai Verdi).
      1) Dicky Tricky (e combriccola) non ha "spostato" più di quel tanto. Ha solo fatto il suo TEATRINO, godendoci un mondo.
      2) I sondaggi di quest'anno sono indifendibili.
      3) La chance del PLR non sussisteva ai danni del PS bensì ai danni della Lega. Se non si faceva la lista unica Zali poteva anche andare a casa. Proprio lui che non la voleva! Il senno di poi? Sì, ma anche il senno di PRIMA.

      • Mi sono interessato tanto dei Verdi perché c'era da fare un'analisi più articolata, ma fra i tre punti do ovviamente più importanza al secondo e al terzo!
        Comunque, grazie.

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