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Non è tutto oro quello che luccica – di Vittorio Volpi

Immagine Wiki commons (Vinish K Saina)

Il G20, la Kermesse di Osaka, alla quale hanno partecipato tutti e più, è stata definita priva di contenuti. In realtà ci sono stati parecchi risultati, non solo nel settore dell’ambiente, ma anche su temi di altrettanta alta rilevanza.

Mentre gli incontri G7 hanno ormai un peso relativo, la geopolitica mondiale non è più quella di 30 anni fa, molti dei paesi partecipanti contano molto meno da tutti i punti di vista. Il Regno Unito in zona Brexit, l’Italia in difficoltà, l’Unione Europea alle corde, il Giappone declinante – nel G20 appaiono i veri leader mondiali. La Cina, ormai la prima economia mondiale con forti ambizioni comprensibili per una egemonia dell’Estremo Oriente, la Russia, la cui politica estera conta eccome essendo potenza euroasiatica (l’unica), ma poi l’India, non fosse altro perché è un sesto della popolazone mondiale.

Gli incontri bilaterali fra i venti, sono il vero clou dell’evento. Fra questi Cina-Stati Uniti, l’incontro più importante di tutti, non solo per il peso delle due economie, ma soprattutto per i temi sul tavolo fra di loro.

Il loro scontro-confronto in materia di commercio e di tecnologia.

Il tema è noto. Nella sostanza il loro confronto che è stato definito l’inizio di una guerra fredda destinata a durare nel tempo, ha come tema di fondo l’egemonia dell’Estremo Oriente, area del presente e del futuro con i suoi 2/3 della popolazione mondiale e risorse immense, sia in Cina che in Siberia, ma anche del commercio mondiale. Se si sommano le esportazioni di Cina, Giappone, Corea (del Sud) e al di là dell’atlantico degli Stati Uniti, si può avere il senso della dimensione economica. Allo stesso tempo è da valutare la carica di tensioni e problemi che risultano essere la “spada di damocle” su quell’area lambita dall’Oceano Pacifico.  Ebbene, Trump e Xi, i due leader si sono accordati per riprendere le trattative onde evitare la guerra commerciale in corso (e quella sulla tecnologia ancora più importante). Non è un risultato da poco.

Sulla posizione del Giappone: Trump, scherzando ma non tanto, ha detto al Primo Ministro Abe che non va bene che ”noi abbiamo un impegno a proteggervi da minacce militari mentre voi, se attaccano le nostre forze, guardate da un televisore Sony lo scontro eventuale”. “Non c’è reciprocità…”. È la prima volta che un Presidente USA solleva in modo esplicito la questione, ma per il Giappone che ha una costituzione pacifista, il commento suona male.

Poi il problema di Taiwan: è scritto nella Costituzione USA che Taiwan deve essere eventualmente protetta, ma Xi Jinping ha dichiarato mesi fa che Taiwan è l’ultima questione irrisolta per il suo Paese dopo l’unificazione. Sebbene in modo criptico, l’accenno è chiaro. Vogliono Taiwan sotto la bandiera cinese.

Poi altra questione super complessa, quella delle due Coree. In particolare quella della Repubblica Popolare del Nord, ora peraltro potenza nucleare. Siamo fermi all’armistizio del 1953 seguito ad una guerra civile combattuta per procura dai leader della Guerra Fredda che costò milioni di morti.

Non è solo una questione di denuclearizzazione che Trump vorrebbe in cambio dell’eliminazione delle sanzioni, è un rebus difficile da risolvere che coinvolge Cina (l’attore principale), Stati Uniti,  Corea del Sud, Giappone ed anche la Russia.  Tutti gli attori vogliono cose diverse: la Cina il controllo delle Coree, la Corea del Nord rimanere nucleare ed inglobare il Sud, la Corea del Sud una federazione con il Nord senza perdere il potere, il Giappone vorrebbe lo status quo perché un paese unificato con più di 80 milioni di abitanti e con risorse (a trazione cinese), potrebbe essere un avversario difficile.

In questo contesto c’è  fortunatamente più oro che luccicore;  sotto  la regia cinese, Trump ed il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, hanno orchestrato uno show, un reality, di non poco interesse.  Trump ha invitato Kim a incontrarsi sulla linea di demarcazione del 38mo parallelo, a Panmunjom. Proprio al centro della DMZ, la zona demilitarizzata che attraversa tutta la penisola, unico punto di comunicazione fra Nord e Sud. Kim ha accettato e Trump, in visita in Corea del Sud, da Seoul, ha raggiunto la casamatta dove venne firmato l’Armistizio nel ‘53 (appunto a Panmunjom) per stringere la mano al leader coreano ed avere un successivo incontro a tu per tu. Il terzo in meno di un anno. Intanto hanno comunque deciso di nominare un team per dare il via alle negoziazioni.

Nulla di concluso ovviamente. Kim ha chiaro in testa cosa vuole: prima di qualsiasi negoziazione gli americani devono abolire le sanzioni che fanno male. Trump ha abbandonato il recente incontro di Hanoi perché voleva tutto in un colpo solo. Ora ha capito che non è possibile e probabilmente accetterà una negoziazione con obiettivi graduali per entrambi da raggiungere.

Si vedrà, ma intanto, anche se è solo un passo simbolico, è la prima volta in 66 anni che un Presidente USA mette piede sul territorio del Nord.  Lo show servirà a Trump soprattutto per portare fieno in cascina per la sua seconda elezione, ma gli va anche riconosciuto di aver creato distensione, sebbene il vincitore sia lui, Kim Jong-un:  quello che luccica per lui è oro vero…. È potenza nucleare e riconosciuta dai grandi. Traguardo che papà e nonno, (la dinastia dei monarchi rossi)  non sono riusciti a consolidare.

Vittorio Volpi

 

Relatore

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