Dall’8 settembre 2019 al 6 gennaio 2020 il Museo d’arte della Svizzera italiana presenta l’esposizione William Wegman. Being Human: una selezione di circa cento immagini del celebre fotografo statunitense William Wegman che hanno come soggetto privilegiato i cani di razza Weimaraner.
William Wegman, eclettico maestro dell’arte contemporanea americana, è un rinomato e versatile artista, capace di destreggiarsi abilmente tra pittura, disegno, fotografia, film, video, libri e performance. Wegman è divenuto celebre nel panorama artistico mondiale per le serie di immagini con protagonisti i suoi cani. A partire dagli anni Settanta, dall’incontro con il suo primo Weimaraner – chiamato Man Ray –, il fotografo ha fatto degli esemplari di questa razza il soggetto principale dei suoi scatti, rappresentando – attraverso queste muse sui generis – personaggi, tendenze di moda e movimenti della storia dell’arte con acume e ironia.
Man Ray, Fay Ray, Penny, Bobbin, Chip, Chundo, Crooky e diverse generazioni dei loro cuccioli sono gli assoluti protagonisti di Polaroid di grande formato: istantanee in un unico esemplare, non ritoccate, che esaltano tanto la spontaneità dei soggetti, quanto l’abilità del fotografo e permettono di apprezzare l’eccezionale sintonia fra l’artista e i suoi cani. Ogni scatto si può considerare il risultato di una collaborazione, prima ancora che la creazione di un unico artefice.
Being Human ripercorre l’evoluzione di questa singolare relazione artistica lunga trent’anni, mettendo in scena una sorta di specchio della natura umana. “Si tratta davvero di cani? Being Human – spiega il curatore dell’esposizione William A. Ewing – suggerisce il contrario: questi soggetti siamo noi; noi siamo loro: la casalinga, l’astronauta, l’avvocato, il prete, il contadino, persino un…dog-sitter! Alcuni posano con orgoglio e sicurezza, altri manifestano incertezza o vulnerabilità: si tratta di esseri umani!”
Il percorso espositivo si compone di novanta Polaroid e una decina di stampe ai pigmenti selezionate da William A. Ewing, curatore della mostra, in stretta collaborazione con l’artista e si suddivide in capitoli, ognuno dei quali raccoglie opere di soggetti affini o collegate da allusioni visive analoghe.
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