Estero

In Sudan le mutilazioni genitali femminili sono ora un reato

Il governo del Sudan ha emanato una legge storica che finalmente rende punibile la mutilazione genitale femminile. La pratica, chiamata anche infibulazione, è molto diffusa in 27 paesi africani su 54 e prevede l’asportazione parziale o totale dei genitali femminili esterni. L’operazione viene di norma eseguita su ragazzine in età pre-adolescenziale causando forti traumi fisici e psicologici. Secondo le Nazioni Unite in Sudan 9 ragazze su 10 vengono sottoposte a questa barbara pratica ma dalla scorsa settimana praticarla è diventato un reato punibile con 3 anni di carcere.

L’associazione Five Foundation che lotta da tempo contro l’infibulazione ha definito la legge come un passo molto importante per il Sudan. “L’Africa non può prosperare se non si prende cura di ragazze e donne” ha dichiarato Nimco Ali, attivista sociale e CEO della fondazione. Anche secondo l’UNICEF si tratta di un ottimo segnale: “La legge aiuterà a proteggere le ragazze da questa pratica barbara e consentirà loro di vivere con dignità. Inoltre aiuterà le madri che non volevano mutilare le loro ragazze, ma sentivano di non avere scelta, a dire no” ha spiegato la portavoce sudanese Salma Ismail.

Lo sforzo del governo è senz’altro lodevole ma potrebbe non trovare terreno fertile in tutte quelle comunità che considerano la mutilazione genitale un rito inevitabile che ogni donna deve subire prima di diventare  moglie. In Sudan ben tre quarti di tutte le operazioni vengono eseguite da personale medico, fatto che mette in luce quanto l’infibulazione venga considerata una crudele normalità, sostenuta da uomini e anche dalle donne stesse. Nonostante porti a conseguenze gravissime come infezioni, cisti, forti dolori e in alcuni casi persino la morte, la pratica è dura a morire.

Nonostante siano tanti i paesi africani, tra cui l’Egitto, che hanno vietato formalmente l’infibulazione, questa viene spesso comunque praticata di nascosto, spesso a domicilio e con mezzi artigianali rendendola ancora più rischiosa e dolorosa per chi la subisce. Negli ultimi anni sono state numerose le campagne che hanno cercato di sensibilizzare la popolazione e dissuaderla dal mettere il pratica il rito. In alcuni casi gli attivisti sono riusciti a proporre e far accettare riti alternativi e non dannosi. In tal senso un grande successo si è avuto presso i Maasai del Kenya che hanno abbandonato del tutto la pratica.

MK

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