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Istruzione domiciliare – abrogare l’obbligo della frequenza scolastica in Canton Ticino

Questo interessante articolo riveste un carattere di grande attualità (in questi giorni tutti parlano di scuola, con cognizione di causa o meno). Suonerà indubbiamente provocatorio, ma questo non è un male. Liliane Tami è una giovane autrice originale e dotata, che si sta facendo conoscere ed apprezzare. Non è “politicamente corretta”… ma noi non la rimprovereremo per questo.

* * *

L’articolo 56 della legge della scuola emanata il 1° febbraio 1990 dal Gran Consiglio ticinese asserisce che gli allievi debbano adempire agli obblighi di frequenza scolastica. Questo vetusto e totalitarista obbligo di frequentare la scuola non tiene in considerazione lo scenario pandemico di Covid-19 appena verificatosi, per cui è necessario limitare quanto più possibile gli assembramenti inutili di persone e, soprattutto, offende la libertà del cittadino di scegliere come educare i propri figli.

Siccome il rischio di contagio causato dal Covid-19 sussisterà per parecchio tempo, sarebbe opportuno prendere in considerazione la possibilità, almeno per l’anno scolastico 2020-2021, d’abrogare l’obbligo di frequenza scolastico a favore dell’istruzione domiciliare, anche detta home schooling o educazione parentale.

La libertà di educare i propri figli a casa andrebbe anche a rafforzare l’immagine di una Svizzera che ha cuore le libertà individuali e che crede nella famiglia come primo perno della società. In questo periodo storico in cui l’istituzione della famiglia tradizionale è messa sempre più a rischio da istanze relativiste e femministe, offrire la possibilità ai nuclei famigliari ancora coesi di provvedere in prima persona all’educazione dei figli è un modo per confermare l’autorità e le competenze dei genitori, il cui ruolo è fondamentale nella formazione dei buoni cittadini di domani.  L’istruzione è un diritto e anche un dovere: non lasciamo però che la scolarizzazione forzata leda la libertà di offrire ai propri figli un insegnamento elaborato su misura. 

Come funziona l’istruzione domiciliare?

L’istruzione domiciliare, già possibile in alcuni cantoni svizzeri, come il Canton Vaud, consente alle famiglie di istruire i figli in età scolare presso il proprio domicilio. In Australia, Austria, Belgio, Canada, Colombia, Danimarca, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, India, Israele, Indonesia, Lettonia, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Perù, Portogallo, Regno Unito, Russia, Serbia, Slovenia, Sud Africa, Tailandia, Taiwan, Ungheria, Ucraina e USA questo modello è legale (regolamentato in modi diversi) e ampiamente diffuso con successo. L’istruzione domiciliare può essere impartita dai genitori, da docenti privati o da altre figure riferimento, come un precettore ecc.

In Italia, ad esempio, i bambini che praticano l’home schooling vengono regolarmente iscritti a scuola nel mese di settembre e, a giugno, devono svolgere una sessione di esami e interrogazioni tenute dal maestro/docenti di classe. Tali esami servono per attestare la preparazione paritaria del fanciullo. Egli, infatti, grazie alla collaborazione tra i docenti e i genitori, dovrà essere in grado di presentare il programma svolto in tutte le materie durante l’anno dall’istituto scolastico cui è regolarmente iscritto, pur senza adempire all’obbligo di frequenza.

Vantaggi sanitari

Il primo grande vantaggio dell’abrogazione dell’obbligo di frequenza scolastico è di tipo igienico: meno bambini si assembrano in classi scolastiche e minore è la possibilità che si trasformino in portatori sani di Covid-19, virus potenzialmente letale per i loro parenti anziani over 65 o a rischio.

Vantaggi economici per il Cantone

La scuola pubblica, mantenendo inalterato il numero di iscritti ma avendo così un numero inferiore effettivo dei frequentanti, potrebbe risparmiare parecchi soldi legati ai servizi e alle infrastrutture, come la mensa, le pulizie, il materiale scolastico, le fotocopie ecc.

Vantaggi qualitativi dell’insegnamento, sia a scuola che a casa

Le classi più piccole consentirebbero ai docenti di seguire meglio ogni singolo allievo, valorizzandolo nella propria individualità e instaurando con lui un rapporto più personale. Un piccolo gruppo di bambini/ragazzi è più facilmente educabile e seguibile rispetto ad un gruppo numeroso.

Presso il proprio domicilio l’educazione, ossia l’insegnamento degli argomenti del programma scolastico annuale, può essere impartita dai genitori, da docenti privati o da altre persone di riferimento, garantendo un rapporto di qualità unico tra lo scolaro e l’istruttore. Un tipo di educazione one-to-one alternato a momenti di studio autonomo consente, all’allievo, di essere seguito nel migliore dei modi, di non perdere tempo se è in grado di imparare in fretta e, soprattutto, di organizzare ed assimilare il proprio piano di studi nel modo più libero e personale possibile.

Rispetto della libertà e rafforzamento della famiglia

Come riporta l’art. 10 della Costituzione Federale, ognuno ha diritto alla libertà personale, in particolare all’integrità fisica e psichica e alla libertà di movimento. Di conseguenza risulta paradossale che, alcuni cantoni come il Ticino, vogliano costringere le famiglie a far presenziare i bambini a scuola sebbene queste reputino più idonea un’educazione individuale.

L’attualità in Svizzera

Come riporta un articolo di giornale del 18 marzo 2019 apparso su La Regione e visibile al seguente link, https://www.laregione.ch/svizzera/svizzera/1358682/tutti-a-scuola-senza-uscire-da-casa-l-homeschooling-raddoppia, negli ultimi 5 anni in Svizzera è raddoppiato il numero di bambini che vengono istruiti a casa propria. Tra i vari cantoni sussistono grandi differenze: ad esempio nel Canton Vaud i bambini che nel 2019 praticavano l’homeschooling erano 640, nel Canton Berna 576, Argovia 246 e Zurigo 240, mentre in altri dieci cantoni, fra cui il Ticino, tutti i bambini sono costretti a frequentare la scuola. Willi Villiger, docente di scuola pubblica e presidente del Verein Bildung zu Hause Schweiz (Associazione Svizzera per l’home schooling) sostiene che questa tendenza sia in aumento e che quindi tutti i cantoni dovrebbero mettersi al passo con le nuove esigenze delle famiglie ed abrogare l’obbligo di frequenza scolastica, a favore di una libera scelta del metodo d’istruzione. Secondo lui i motivi che possono spingere una famiglia a voler educare i propri figli a casa sono prevalentemente tre, ossia  1) insoddisfazione del livello d’istruzione della scuola pubblica 2) problemi psichici o di salute che il figlio può sviluppare nel contesto scolastico 3) voglia di praticare una pedagogia alternativa (es. steineriana, montessori ecc.)  conforme ai propri ideali.

 E le controindicazioni?

Chi, per interessi politici ed economici, sostiene la scolarizzazione coercitiva potrebbe ribadire che un bambino educato a casa possa sviluppare difficoltà nella socializzazione. Secondo Carsten Quesel, professore di sociologia educativa alla scuola universitaria professionale della Svizzera orientale, non vi sono prove che i ragazzi tenuti a casa soffrano di una sorta di impoverimento sociale. Per un bambino, infatti, il miglior modo per apprendere una nozione è farlo con passione ed entusiasmo, e di conseguenza se questi elementi sono presenti nella sua vita nulla gli impedirà di costruirsi una propria cerchia di amici, di conoscenze ed adulti di riferimento in grado di coinvolgerlo nella vita sociale e morale del paese. Inoltre, citando Baden Powell, fondatore degli scout, i bambini non sono sacchi da riempire, bensì fuochi da accendere: chi può capire meglio di un genitore come trasmettere l’ardente amore per la conoscenza al proprio figlio?

Dott.ssa Liliane Tami

Relatore

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  • Concordo con l'autrice, l'articolo non mi pare nè provocatorio nè politicamente scorretto, ma ben documentato. Solleva un tema di attualità che riguarda un diritto fondamentale che in Ticino non è concesso: quello della libera scelta dell'istruzione. L'homeschooling è vecchio come il mondo e ha dato prova di essere una valida alternativa alla scuola. Chi sostiene l'homeschooling non è contro la scuola, ma è a favore della libera scelta. Negli Stati Uniti, ad esempio, gli homeschooler godono di grande credito presso le migliori università. L'obbiettivo non è comuque questo, l'obbiettivo è che ognuno abbia l'opportunità di sapersi adeguato per ciò che è, e capace di contribuire alla società realizzando la sua persona. Come disse A.de Saint Exupery: "se sono diverso da te non ti offendo, ti accresco".

    • "Provocatorio" e "politicamente scorretto" è una mia valutazione, ovviamente opinabile.

  • L’individualizzazione/privatizzazione dell’insegnamento è un problema che ha fatto scorrere impetuosi fiumi d’inchiostro e che oggi surriscalda le tastiere dei tablet. Lo dico subito: non c’è garanzia che qualsivoglia individualizzazione “privatistica” scolastica primaria/secondaria porti poi, da adulto, a una maggiore “libertà di spirito” individuale e a una migliore qualità di vita. Vi sono studi, in tal senso, equamente contraddittori. A meno che non si abbia un’idea di libertà di tipo consumistico: mi vesto di viola quando per la “massa” (oggi si direbbe …il gregge) va di moda il verde.

    Insomma tutto il resto della vita sociale ci confronta con un irrimediabile e incessante inquadramento sistemico. Partendo dall’ingombrante tecnologia che pone essa stessa i cosiddetti paletti in ogni ambito autenticamente personale. Condizionamento al quale molti di noi tentano comunque di resistere e altri faticano a percepirne l’impatto perché vissuto come un necessario adattamento: la “mano invisibile” della società mercantile, benché totalizzante, non viene percepita con la stessa rilevanza della presenza evidente delle meno flessibili emanazioni organizzative statali.

    L’alternativa è l’auto-confinamento in comunità specifiche organizzate in modo da escludere ogni condizionamento sociale/pubblico indesiderato. Sappiamo che esistono comunità di questo genere soprattutto oltreoceano.

    Certo, nella pratica, si può apprendere la matematica con modalità didattico-casalinghe differenziate per ritmo, settori, temi, linguaggio utilizzato, gerarchie di contenuti, perfino con l’aiuto di istitutori provenienti dal… “emmaitii”. Oppure considerare la matematica (così come altre discipline scolastiche) un ambito senza alcun valore strumentale, conoscitivo, culturale. Quindi escludere dalla paletta didattica una o più conoscenze: una scelta assai condizionante che affidata ai "soli" genitori di un/una discente condurrebbe a una privazione, magari generatrice, in età adulta, di una ferita segreta nei confronti dell’autorità parentale. Per cui la condivisione (di una così delicata responsabilità di scelta) con l’istituzione sarebbe perfino eticamente auspicabile.

    Credo tuttavia che l’idea di una “privatizzazione pedagogica”, travestita dalla richiesta di un “diritto” (alla base vi è sempre una “domanda legittima”), abbia in origine un significativo…”rovescio”. Cioè una profonda ipoteca ideologica che ha a che fare con il primato economico del sapere. La conoscenza diventa uno strumento che sempre più assume un “valore” mercantile: sapere è potere, dicevano un tempo. Vale a dire una particolare conoscenza procura un valore aggiunto, un vantaggio nella competizione individuale, quindi deve restare un patrimonio circoscritto e protetto: da conservare come un bene prezioso. Un postulato di natura essenzialmente privata. Ne discende che la conoscenza diffusa coram populo attraverso l’istituzione (scuola pubblica) collide con i presupposti, appunto, precostituiti che sono il fondamento ideologico su cui si regge la competizione di tipo individualistico. Vedo lì il significato “speculativo” di un’imperterrita e persistente rivendicazione privatistica.

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