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Incendio doloso cattedrale di Nantes, è stato un “volontario” rifugiato ruandese

Una settimana dopo l’incendio della cattedrale di Nantes, un volontario della diocesi, originario del Ruanda, detenuto provvisoriamente nella notte di sabato e domenica, per “distruzione e degradazione con incendio” ha alfine confessato la sua colpevolezza.

“Il mio assistito ha cooperato” così si pronuncia il suo avvocato difensore Me Quentin Chabert, come riporta il quotidiano Presse-Océan “si pente amaramente di ciò che ha fatto e invoca ora la liberazione. È distrutto dai rimorsi per la piega che hanno preso gli eventi”.

L’uomo si è riconosciuto colpevole davanti al giudice, riconoscendo di aver appiccato tre grandi innesti nella Cattedrale: sul grande organo, sul piccolo organo, su un pannello elettrico, come precisato anche dal procuratore della Repubblica di Nantes Pierre Sennès.

Il rettore della Cattedrale di Nantes, padre Hubert Champenois aveva spiegato, già dalla settimana scorsa, che il volontario ruandese è un profugo del Ruanda, rifugiatosi a Nantes da qualche anno. Arrestato per l’incendio della Cattedrale il 18 luglio, era poi stato rimesso in libertà. Ora, è stato re-incarcerato. Padre Champenois ha spiegato di aver avuto confidenza con lui, come con tutti gli altri collaboratori.

Per l’uomo, 39 anni, si ponderano 10 anni di carcere ma dato che la confessione, come riporta il suo avvocato “è stata una liberazione” e che lui si mostra “seriamente pentito”, potrebbero piovere su di lui la grazia degli sconti di pena.

Le fiamme hanno distrutto per sempre l’organo risalente al 1619, costituito da 49 registri e 5 tastiere: un tesoro inestimabile, andato perduto per sempre. Persa anche per sempre, nelle fiamme, la tavola ad olio di Jean Hippolyte Flandrin, neoclassicista, allievo di Ingres, esponente della Scuola di Lione. L’opera era dedicata a San Chirao, guaritore dei ciechi. Chissà che da una cecità che attanaglia ultimamente l’Occidente non si possa, un giorno, guarire. Non resta da sperarlo che in un prossimo futuro: l’attualità non dà molte speranze.

Relatore

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