“La concorrenza corretta farà bene all’economia” (titolo originale)
Nei prossimi mesi si decidono le sorti dei prossimi anni. Già l’impennata dei contagi è un campanello d’allarme per la sanità pubblica: se si aggiunge la possibilità, anzi la probabilità che esplodano le conseguenze sociali ed economiche della pandemia finora sostanzialmente sopite, non si possono dormire sonni tranquilli. Non è allarmismo ad uso dei lettori amanti dei toni forti, ma semplice buonsenso. La storia recente insegna; anche se, purtroppo, la memoria non è una virtù italica.
Oggi, dimenticate le colonne di camion militari carichi di vittime destinate a cimiteri lontani, la guerra del coronavirus appare a molti soltanto un brutto sogno, una parentesi chiusa in fretta: si torna a pensare solo alle vacanze, al divertimento, addirittura si ripetono – in Italia ma soprattutto all’estero – manifestazioni di negazionisti per i quali il virus non c’è più, è soltanto una manovra di oscuri poteri che vogliono limitare la nostra sacrosanta libertà. La realtà prossima ventura è altra. Chi pensa alla fase della ricostituzione?
Ogni dopoguerra è infestato di affaristi, speculatori pronti ad approfittare della disgrazia altrui.
C‘è chi prevede che nei prossimi mesi si possa aprire una fase di economia sommersa di sopravvivenza fatta di contante dalla provenienza dubbia, di evasione fiscale, di lavoro nero, di criminalità organizzata di ogni dimensione. Un cocktail micidiale che avvelenerà le imprese che lavorano rispettando la legge, incapaci di reggere la concorrenza degli affaristi che delinquono.
Tra i grandi mali del nostro Paese, ce n’è uno che non viene quasi mai citato. Riguarda il mondo imprenditoriale e del lavoro autonomo – artigianale, commerciale, professionale – e crea disaffezione, difficoltà operative e margini di disparità economiche: è rappresentato dall’area della disparità delle condizioni concorrenziali.
Il problema è legato peraltro alle disfunzioni strutturali italiane: evasione fiscale, denaro facile, lavoro nero, criminalità organizzata, criminalità finanziaria, corruttela nei rapporti burocratici.
Ma non basta. Il problema si riscontra in modo sensibile anche in rapporto alla titolarità delle singole attività e risiede in una certa mentalità, in un certo costume assai diffusi, per cui al cittadino italiano si riservano forche caudine, mentre allo straniero si fanno ponti d’oro: xenofilia, per inclinazione o per necessità. Un dramma, per il nostro Paese, dalla mentalità vassalla.
Achille Colombo Clerici
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