Riceviamo e volentieri pubblichiamo, ricordando che questo portale sostiene l’Esercito e l’ammodernamento della flotta aerea.
I contrari all’acquisto – fra cui in modo particolare anche noi della Gioventù Comunista, promotrice di un comitato giovanile contro questa nuova spesa militare che riunisce anche altri movimenti – prendono spesso come esempio l’Austria nell’ottica di dimostrare l’inutilità dei nuovi caccia.
L’Austria, infatti, il cui governo non è certamente anti-militarista, ha un territorio doppiamente esteso rispetto alla Svizzera, ma una flotta militare grande la metà rispetto alla nostra. Questo esempio è recentemente stato confermato anche da un servizio della Radio Télévision Suisse (RTS). Esso ha messo in mostra che, nonostante fra la Svizzera e l’Austria vi siano delle somiglianze, come il numero di abitanti o la non-adesione alla NATO, Vienna dispone di una flotta aerea di soli 15 jet, mentre la Svizzera ne ha il doppio e prevede addirittura di sostituirla completamente. I due Paesi hanno insomma due diverse strategie militari: contrariamente alla Svizzera, infatti, l’Austria non ha un sistema di difesa del cielo, bensì di sorveglianza dello spazio aereo, composto da due aspetti. Il primo è di carattere passivo ed è caratterizzato da radar in funzione giorno e notte alle frontiere, mentre il secondo è di carattere più attivo ed è assicurato dai velivoli Eurofighter pronti al decollo in caso di effettivo pericolo.
Insomma, anche in seguito a questo servizio della RTS, l’esempio austriaco continua a dimostrare che la flotta elvetica è sovradimensionata e che una strategia differente rispetto a quella svizzera di oggi è possibile, meno costosa e più adatta alle esigenze della polizia aerea. A ripeterlo da anni, siamo noi comunisti: la Svizzera farebbe meglio a concentrarsi su altri aspetti della sicurezza, come quella informatica e la lotta al terrorismo. L’acquisto di nuovi aerei militari, ovviamente tutti di produzione NATO (e quindi problematici dal punto di vista della nostra neutralità e sovranità poiché ci vincolano tecnologicamente all’asse UE-USA), risulta alla luce dei fatti irresponsabile, a maggior ragione di fronte alla situazione di crisi legata alla pandemia di Coronavirus.
Luca Frei, Coordinatore della Gioventù comunista
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L'esempio dell'Austria è largamente fuorviante, e immagino sia per questo che venga usato. A seguito della seconda guerra mondiale, l'Austria fu costretta, tramite il "Trattato di Stato austriaco", ad adottare forti limitazioni al proprio armamento, in cambio della fine dell'occupazione e dell'indipendenza.
Tra le limitazioni vi sono anche quelle relative a « ogni razzo o missile guidato, o dispositivi atti al loro lancio o controllo ».
Il trattato è tutt'ora in vigore, nonostante sia ormai anacronistico, e spiega ampiamente "l'esempio austriaco". Anche per questo l'Austria, fino al 1985, non aveva nei fatti un'aviazione militare, e quando in tale anno acquisì gli ormai vecchiotti Draken svedesi poté averli armati solo di cannone, senza alcun missile. Solo nel 1993, a seguito della fine dell'URSS (i comunisti sovietici furono forti sponsor di tale trattato, anche perché creava un punto debole nel dispositivo NATO) all'Austria fu permesso di procurare missili a corto raggio ai propri aerei e sistemi terra-aria per le proprie truppe terrestri.
La Svizzera, per contro, non ha mai avuto di queste limitazioni.
Se poi il partito comunista volesse proporre la valutazione, assieme ai modelli attualmente in gara, di aerei quali i MiG-29 o la loro evoluzione, il MiG-35, mi troverebbe d'accordo.