Ospiti

In cinque si può! – di Aurelio Sargenti

Questo articolo era stato scritto originariamente per il CdT.

Come noto, il consiglio di Stato ha rapidamente modificato la sua decisione, portando il limite a 30.

Ci risiamo. E ancora una volta chi paga è la cultura. Il Consiglio di Stato ha deciso di ridurre il numero di spettatori autorizzati a partecipare agli eventi culturali ed artistici da 50 a 5 (cinque!) non avendo (forse) avuto il coraggio di dire semplicemente ai centri culturali, alle sale cinematografiche, ai teatri del Cantone “chiudete!”. Sarebbe stato politicamente scorretto. I nostri Consiglieri di Stato sanno, come sanno tutti, che questi luoghi culturali sono tra i più sicuri e necessari, come la santa messa, alla quale possono assistere 30 fedeli. “Scherza pure con i fanti ma non con i santi”, si saranno detti i nostri 5 consiglieri, i quali – tutti insieme – possono assistere a una proiezione cinematografica o a uno spettacolo teatrale: il numero lo permette.

Una decisione, la loro, che mette ancora una volta e inutilmente in grave difficoltà economiche intere categorie professionali e toglie ai cittadini la possibilità di nutrire l’anima, di provare emozioni in questo tragico anno bisestile; una decisione che risulta incomprensibile dal momento che si può acquistare nei centri commerciali, nei negozi sportivi, mangiare con altri tre amici nel chiuso di un ristorante. Molto più facile affondare il bisturi nel tessuto culturale di un Paese. «Con la cultura non si mangia», disse un ex ministro italiano, e purtroppo, spiace costatarlo, ha molti proseliti. Parafrasando Gandhi dico che il grado di civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta la cultura.

Esistono un Dipartimento della cultura, una Divisione della cultura e una Commissione cantonale della cultura: cosa avranno detto? cosa avranno fatto?

Come scrissi in questo stesso giornale il 26 marzo scorso, «la nostra vita senza la cultura è come il carro senza il bue, il giorno senza il sole, la notte senza le stelle, il corpo senza lo spirito». Speriamo di non doverci curare per altre malattie.

Aurelio Sargenti

 

Relatore

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