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Google citato in giudizio per collusione con Facebook

Una coalizione di dieci procuratori generali repubblicani, guidati dal procuratore del Texas Ken Paxton, ha intentato una causa legale contro l’azienda Google per condotta anticoncorrenziale nel settore pubblicitario online.

Gli Stati di Arkansas, Idaho, Indiana, Kentucky, Mississippi, Missouri, North Dakota, South Dakota e Utah, si sono uniti al Texas per depositare una denuncia presso il tribunale federale del Texas, aprendo un nuovo fronte nelle azioni antitrust statunitensi contro la grande azienda tecnologica, accusata di abusare del suo monopolio sulle quote di mercato della pubblicità online in collaborazione con Facebook per gestire e controllare i prezzi degli scambi pubblicitari. La causa è rivolta proprio al core business di Google, cioè quei profitti generati dagli annunci digitali che insieme al sostegno economico del socio proprietario, la multinazionale statunitense Alphabet Inc., finanziano una serie di progetti tecnologici di vasta portata.

Secondo il procuratore Paxton, Google si è impegnata in collusioni di mercato per truccare le aste di annunci online in violazione della giustizia. Una causa legale che si aggiunge alle altre cause federali secondo le quali le più grandi aziende tecnologiche americane agiscono insieme per rafforzare il loro potere. La causa chiede un risarcimento monetario oltre che ripristinare le condizioni di concorrenza nei mercati rilevanti.

All’inizio di dicembre, la Federal Trade Commission e 48 procuratori generali hanno accusato Facebook di pratiche sleali e monopolistiche, chiedendo che venisse smembrato. A luglio, gli amministratori delegati delle principali aziende tecnologiche, Apple, Amazon, Facebook e Google sono stati chiamati di fronte al Congresso per essere interrogati sul loro potere. Tutto questo in aggiunta alla causa intentata ad ottobre contro Google dal Dipartimento di Giustizia che l’accusa di mantenere il monopolio tra i motori di ricerca. Adesso la si accusa di dominare anche la pubblicità.

Il mercato della pubblicità digitale riunisce un enorme numero di inserzionisti online e Google controlla l’accesso agli inserzionisti che inseriscono annunci sulla sua piattaforma di ricerca dominante. Google esegue anche il processo d’asta per pubblicare annunci sul sito di un editore. Alcuni dei prodotti Google disponibili nelle aree di ricerca, video, dispositivi mobili, email, e mappatura, hanno oltre un miliardo di utenti ciascuno. In questo modo forniscono un’immensità di dati degli utenti che Google può distribuire nel processo pubblicitario.

In una dichiarazione rilasciata dal portavoce di Google, Scott Westover, si sostiene che i prezzi degli annunci online sono molto diminuiti nell’ultimo decennio, rappresentando dunque in modo significativo una sana concorrenza nel settore. Sono tanti gli editori online che utilizzano le proprie piattaforme per le loro inserzioni. “Le affermazioni sulla tecnologia pubblicitaria del procuratore Paxton sono prive di valore, eppure è andato avanti nonostante i fatti”, ha dichiarato Westover, aggiungendo: “Abbiamo investito in servizi di tecnologia pubblicitaria all’avanguardia che aiutano le aziende e avvantaggiano i consumatori. Ci difenderemo con forza in tribunale dalle sue infondate affermazioni”.

Google afferma di condividere la maggior parte delle sue entrate pubblicitarie con editori, come ad esempio i siti web dei giornali, e respinge l’affermazione che sia dominante affermando che il dominio del mercato suggerisce un abuso che è estraneo all’azienda.

MK

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