Emma Pezemo, 31 anni, è stata uccisa e fatta a pezzi, domenica 2 maggio a Bologna. L’assassino, il fidanzato di 43 anni, africano in attesa del permesso di soggiorno, Jacques Ngounet, già in cura per problemi psichici, si è impiccato poco dopo l’omicidio.
Ngounet, che viveva di lavori saltuari, aveva chiesto alla ragazza, che studiava per diventare operatrice sanitaria, 50mila euro. Secondo quanto lasciato scritto dall’uomo su dei fogli di appunti, la ragazza avrebbe dovuto restituire prestiti accumulati nel corso degli anni, come confermato anche da un testimone che avrebbe raccolto l’ultima confessione di Ngounet, prima che questi si uccidesse (non è chiaro se avesse già ucciso la ragazza).
La trentunenne Emma è stata uccisa con un machete, poi il cadavere è stato fatto a pezzi e gettato in un cassonetto dell’immondizia.
Quando, domenica, le coinquiline del palazzo storico dove abitava la giovane, non l’hanno più vista tornare, come da consuetudine, hanno telefonato a Ngounet, il quale avrebbe loro detto di non preoccuparsi per la ragazza. Egualmente allarmate, le donne hanno comunque lanciato l’allarme.
Le forze dell’ordine hanno cercato invano di contattare il 43enne, che tuttavia non ha risposto al telefono: probabilmente si era già ucciso. Entrati nella struttura nella quale l’africano era ospite, lo hanno trovato impiccato con un cappio di fortuna, dopo aver lasciatoalcuni scritti sconnessi in francese, sul tavolo.
Nello stesso tempo una telefonata giungeva agli inquirenti segnalando che dal cassonetto della spazzatura in via Togliatti a Bologna fuoriusciva del sangue. Gli inquirenti hanno dunque trovato il corpo della ragazza, fatto a pezzi.
Nei biglietti l’africano aveva raccontato per filo e per segno l’esecuzione ed il motivo della stessa.
L’ipotesi più accreditata resta quella di omicidio-suicidio, come le indagini, affidate alla squadra Mobile di Bologna, stanno accertando.
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