Primo piano

Il caso Didi a Wall Street : ascesa e crollo


Una battuta d’arresto alla globalizzazione dei mercati finanziari?

di Vittorio Volpi

La Uber cinese quotata alla borsa di New York, il New York Stock Exchange (NYSE), è stato un brutto colpo per il mondo finanziario mondiale, ma allo stesso tempo importante per capire come girino le cose e, con tutto rispetto, che la Cina non è un’economia di mercato. Finalmente lo dice anche Federico Rampini (TV canale 4) “non dimenticate che la Cina è un paese comunista. I sistemi comunisti hanno il loro modo di gestire le situazioni”. Una verità assoluta.

foto Pixabay (S.B.)

A pochi giorni dalla IPO (offerta pubblica di azioni) al NYSE, risulta inaccettabile che la Uber cinese venga messa sotto inchiesta dalle autorità cinesi perché il “data base”dell’azienda non è sufficientemente protetto. La domanda che sorge spontanea è, ma perché non hanno bloccato la quotazione pubblica di Didi?

Il colosso Didi (in mandarino equivale al  il suono onomatopeico del clacson) conta oltre mezzo milione di clienti. Personalmente mi ricorda il nome di un genio indimenticabile del calcio brasiliano, Didì che con Vavà, Pelé ed altri hanno incantato con il calcio brasiliano nel mondo.

La IPO ha raccolto per le masse degli azionisti cinesi di Didi ben 4.4 miliardi di dollari dagli investitori americani. Questi in buona fede hanno gioito dopo un rialzo del titolo del 25% e mai più si sarebbero aspettati dopo solo pochi giorni un crollo subitaneo del corso azionario per motivi incomprensibili. Radio 24Ore aveva uno slogan piacevolissimo “è la stampa bellezza..” che riadattata potrebbe suonare “è la Cina bellezza..”.

Ora Pechino e Washington avrebbero raggiunto un accordo post mortem, ovvero il no alla quotazione di Wall Street delle aziende cinesi che gestiscono big data. D’ora in poi “ogni azienda cinese che abbia dati su almeno un milione di utenti dovrà sottoporsi ad una revisione (delle autorità cinesi) prima di quotarsi all’estero”.

Ovviamente nessun chiarimento su quali siano le nuove regole delle revisioni e quindi i supervisori comunisti saranno liberi di decidere di volta in volta (fonte Corriere della Sera).

L’economia cinese, ricordiamo la seconda al mondo e fra non molto la prima, è un fatto fisiologico data la popolazione di 1.4 miliardi di cittadini. È ricca di aziende tecnologiche con i nomi maggiori quali Alibaba, Weibo, WeChat, Tencent, Meituan, ma con migliaia di pesci più piccoli, potenziali giganti quando avranno successo, data la popolazione.

Nel 2021 hanno raccolto ben 12 miliardi di dollari in borsa nel mercato finanziario americano. Una bella fetta del totale delle IPO e SPAC eseguite via NYSE e NASDAC. È probabile che la festa sia finita per ora per le quotazioni cinesi in America.

Crollato il titolo Didi e quindi per gli investitori cospicue perdite di danaro, anche lo sbeffeggiamento dei media americani.

Addirittura il Washington Post ha definito gli investitori “utili idioti”, un’etichetta ripescata dalla storia politica. “Utili idioti” pare fosse l’espressione utilizzata da Lenin con cui descriveva “i simpatizzanti occidentali e liberali del sistema politico sovietico”.  Cioè gli ignoranti che sostenevano l’URSS ed il comunismo “perché non sanno quello che fanno”.

Il Ministro del Lavoro (sotto Clinton) Robert Reich è stato più tenero. La guerra fredda tra Pechino e Washington più che con le armi tradizionali si combatte con i dati”.

La cyber sicurezza conta ora moltissimo e conterà sempre di più e chiude per il Corriere-Santevecchi “tra cyber sicurezza e controllo politico dell’economia l’avviso per gli investitori ormai è chiaro: fare affari con la seconda economia del mondo è una scommessa ad alto rischio!”

Parole sante.

Relatore

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