Oggi abbiamo scelto come Pensiero del giorno questa riflessione di Amalia Mirante, tratta dalla sua Newsletter “L’Economia con Amalia”.
Il caso del neo sindacato TiSin è su tutte le prime pagine e ha suscitato aspri e talvolta violenti attacchi contro il sindacalista Nando Ceruso e i granconsiglieri leghisti Bignasca e Aldi.
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“Come anticipato la settimana scorsa, torniamo a parlare di mercato del lavoro ticinese. La nascita di un nuovo contratto collettivo sottoscritto da tre imprese del mendrisiotto che prevede uno stipendio mensile lordo di 2’777 franchi a cui si aggiungono 200.– franchi di indennità di residenza per i “ticinesi” è l’ennesima conferma della fragilità del mercato del lavoro. Lo sappiamo: in Ticino guadagniamo molto meno. Sia che si guardino i dati per settori, professioni, età o posizioni occupate, la situazione è sempre la stessa: salari enormemente più bassi.
Ma non finisce qui. Giovani che finiscono con sacrificio loro e delle loro famiglie gli studi e sono obbligati a fare le valigie perché non trovano un lavoro; proprio come cent’anni fa. Cinquantenni messi alla porta e che non ricevono nemmeno una lettera di risposta alle centinaia di candidature che inviano. Di questo, del lavoro delle donne, dei tassi di povertà, delle ragioni storiche e di tanto altro abbiamo parlato negli articoli di questa settimana pubblicati dal portale tvsvizzera.it che ringrazio. Ne “Il traballante mercato del lavoro ticinese”, I parte e II parte, troverete anche una mia dichiarazione rilasciata dal Quotidiano della RSI del 17.09.2021 che ringrazio.
In aggiunta vi segnaliamo che domani sera, 20 settembre sarò ospite a 60 minuti su RI La2 per parlare di questo tema.”
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Come non ricordare qui e ora il “minuscolo richiamo” di senzaquorum “L’unica domanda da porsi (che ci si doveva porre da tempo) è quanto resta della ricchezza prodotta sul “conquistato” pascolo ticinese offerto a tale logica produttiva? Parrebbe ben poco. Forse la stessa che si produrrebbe senza codesto tipo di economia capziosa, e senza - soprattutto - i pesanti effetti collaterali.” (TL14.09.2020)
Ritengo inutile perfino controproducente ripetersi ad ogni amara occasione lo stesso ritornello ormai più che decennale. Come diceva un (assai) vecchio ...“sindacalista” ampliare il Capitale Umano non ha lo scopo di intervenire sulla ricchezza e/o sulle disparità sociali e distributive di un territorio, come si tenta di indottrinare. Significa allargare il bacino d’utenza della competizione mercantile individuale per diminuire i costi del lavoro. Punto. Maggiore disponibilità di personale anche davanti a contratti impresentabili. Vale qui da noi come ovunque sul pianeta mercantile, dov’è possibile agire sui differenziali salariali. Da anni ormai si è scientemente rinunciato ai quei minimi doveri collettivi territoriali. Ciò è stato ampiamente diffuso da una sottile e mirata propaganda finalizzata a elevare l’individualismo “ideologico” indotto a regola mercantile. Perfino i sedicenti progressisti hanno condannato all’oblio un seppur minimo legame civico “territoriale” che, probabilmente, funzionava fintantoché fosse assicurata una certa ricchezza condivisa. Oggi tutti (devono/vogliono) quindi pensano di poter correre da soli nella gara contrattuale lavorativa, in quella che è ormai diventata una …sconfinata prateria “liberal-mercantile.