Un documento che sta circolando al consiglio dell’Unione Europea, col titolo di #UnionOfEquality“, stilato dalla “European Commission Guidelines for Inclusive Communication“, in nome dell’inclusività vorrebbe che si parlasse di “festività” e non di “Natale” e che, facendo esempi, non si ricorresse a nomi tipicamente cristiani come “Maria” o “Giovanni” ma magari anche a “Fatima” e “Mohamed”.
Niente allarmismi, precisa il sito bufale.net che, spiega, “si tratta dunque di raccomandazioni che non valgono per noi “normali cittadini”.”
Al consiglio europeo, insomma, la priorità è quella di evitare riferimenti che “potrebbero risultare ‘offensivi’ per i non cristiani.”
Tuona la destra italiana, che, presieduta da Antonio Tajani protesta contro un’assurda presa di posizione, annunciando un’interrogazione scritta alla Commissione Ue.
Il cosiddetto “aggiornamento delle linee guida per una comunicazione corretta e inclusiva”, con il pretesto di sottolineare l’ovvietà secondo cui “ogni persona in Ue ha il diritto di essere trattata in maniera eguale” senza riferimenti di “genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale”, mira ad obliare le festività cristiane dal lessico comune, per indirizzare sempre di più verso un nichilismo astorico e modernistico.
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“I governi continentali con la tecno-struttura europea propongono una politica da distillato teorico.” Ho letto recentemente. Pressoché assente un necessario e improrogabile dibattito che indaghi la veridicità del percorso fin qui avvalorato. Mi sento di aggiungere.
In ogni caso parrebbe che la faccenda da “Buone Feste” sia “rientrata” a causa di solide opposizioni.
Tuttavia sorge perfino il sospetto che vi sia un accordo tacito tra le forze economiche e i think tank progressisti per lasciar "scorrere" un continentale esperimento di ingegneria sociale con la precisa volontà di ridurre lil primato culturale ..."sovranista".
Se si considerassero anche solo le questioni relative al fenomeno migratorio, poste nelle loro specificità, l'establishment potrebbe correre il serio rischio di ritrovarsi con delle repliche "troppo pertinenti", probabilmente assai diverse dalla pratica fin qui adottata che spesso sembra paradossalmente “confusionaria” forse per evitare ogni dibattito "pericolosamente" puntuale.
(Accogliamo per irrinunciabili valori umanitari? /Accogliamo per contrastare un presunto/reale deficit demografico {con tutta l’infinita serie di varianti economicistiche}? Oppure accogliamo perché non c’è alternativa?)
Come minimo i cittadini coinvolti avrebbero il diritto di essere (almeno) consultati. Ma la risposta inevitabile corre più o meno così: “Niente allarmismi, si tratta di raccomandazioni che non valgono per …noi “normali cittadini.”