Non stupitevi se l’augurio vi arriva da un agnostico, rispettoso di chi ha fede, ma lontano da fedi e riti ecclesiastici. Sono per contro un convinto assertore dei valori e dei successi della civiltà europea.
La Grecia le ha dato la filosofia, ha insegnato a convincere con la retorica, formulato i primi testi di storia con Tucidide e illustrato le tragicità dell’esistenza con Sofocle. I romani hanno aggiunto leggi, giurisprudenza e l’arte dell’amministrazione.
Non so se il giorno 25 del mese di dicembre sia effettivamente la data di nascita di Gesù Cristo e non considero determinanti dispute teologiche tra i rappresentanti della religione nel corso dei secoli. Ciò che nessuno può negare è che è affiorato a quel tempo sul palco della Storia il concetto dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani. È il «supplément dirne», che ha completato quell’offerta di valori sui quali poggia la civiltà greco romana giudeo cristiana diffusasi in Europa.
Nei secoli si sono avvicendate le tracce della nostra cultura, dai templi greci alle
stupefacenti reti stradali dei romani ed ai loro acquedotti. Nel Medioevo il cristianesimo erge le cattedrali che passano dallo stile romanico a quello gotico, poi nasce il barocco che influenza tutte le forme di espressione artistica e produce gioielli quali gli Oratori del Serpotta di Palermo.
Le cattedrali sono anche centro di raccolta di espressioni artistiche nell’ambito della pittura, della scultura e della musica. In quella di Siracusa vi è la nostra storia rappresentata da mura greche, seguite da quelle dei romani, degli arabi, dei cavalieri normanni, degli spagnoli.
Negare la pesante impronta cristiana, l’essenza data con la dignità riconosciuta all’essere umano, è culturalmente una sciocchezza. Neppure le debolezze, le prepotenze, le ambizioni, le turpitudini di parte del clero possono influire sul nostro giudizio.
Con Descartes la scienza rivendica la sua autonomia staccandosi da condizionamenti teocratici e prende l’avvio un periodo di scoperte che hanno costruito il mondo moderno e hanno anche contribuito alla miglior conoscenza di terre ignote. Siamo giunti ai nostri tempi e anche noi viviamo di simboli che testimoniano le nostre radici.
Ad eccezione e con tutto il rispetto dovuto ai cattolici e protestanti praticanti, per la maggior parte di noi il Natale rappresenta una festività come simili ne troviamo in altre civiltà. È espressione e ricordo di una società marcata culturalmente dall’eredità greca, romana e cristiana, anche se il germoglio di quest’ultima viene dalla Galilea. Ha sostituito testimonianze simili già note nelle società che ci hanno preceduto. Il tessuto sociale è costituito anche da abitudini, costumi, simboli, ricorrenze che esprimono la cultura in senso antropologico.
Il radicamento ellenico è stato confermato dall’eccezionale discorso di Regensburg (2006) del Papa intellettuale Ratzinger che afferma come il cristianesimo abbia trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa. Ciò che la nostra civiltà ha fatto, i progressi realizzati, i miglioramenti delle nostre condizioni sotto tutti gli aspetti, rappresentano nella Storia del mondo qualcosa di affascinante e impressionante. Grandi sono stati i fasci di luce, e sappiamo che purtroppo le zone d’ombra affiancano sempre la luce.
Sono il sangue, i sacrifici, i dolori che hanno accompagnato la nostra evoluzione e il nostro progresso, purtroppo il prezzo che si è dovuto pagare. A ricordare origini, realtà e progressivi sono dei simboli e tra queste festività e ricorrenze che ormai fanno parte integrante delle nostre consuetudini, del nostro modo di vivere.
Ora la signora Helena Dalli, laborista di Malta e commissaria europea dell’uguaglianza, non ci sta e ha emanato istruzioni dell’UE (poi ritirate dinanzi alle reazioni) con le quali tra l’altro si dovrebbe sostituire l’espressione di Buon Natale con quella di Buone Feste «in nome dell’inclusione religiosa». L’«ukase» colpiva pure altri termini, ma evito di parlarne qui anche per evitare di cadere nel ridicolo.
Ora preoccuparsi di una fumosa inclusione religiosa per cancellare le nostre caratteristiche culturali è preoccupante indice di confusione mentale e di mancanza di cognizione storica da parte della commissaria europea (e dei suoi collaboratori).
Preferiamo credere a questa versione piuttosto che dover presumere una mossa di quella corrente di pensiero affetta da oikofobia, vale a dire che esprime vergogna per la nostra civiltà, o per ciò che essa ha rappresentato e rappresenta per il mondo e per la nostra storia.
Preoccupa che la rappresentante di un’isola che da secoli ospita i cavalieri di Malta, difensori a suo tempo della nostra civiltà contro gli attacchi del mondo musulmano di allora, si faccia promotrice di una resa culturale. Mi permetto di suggerirle di andare a rivedere la splendida opera del Caravaggio la «Decollazione di San Giovanni Battista» nella Chiesa dei Cavalieri a La Valletta. Forse la renderà più prudente per proposte che contribuiscono a decapitare la cultura europea e per quanto ci riguarda difendiamo i nostri costumi augurandoci reciprocamente: Buon Natale.
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Reticenze incrociate? Probabilmente “ l’ukase” europeista delle “buonefeste” è sotanzialmente finalizzato all’acquiescente accettazione di un dato di fatto antropologicamente evidente. Vi sono estesi territori europei dove il “venticinque dicembre” non ha alcun significato se non quello, eventualmente, che precede il capodanno occidentale con tanto di ferie in “paradisi” esotici: il comitato supremo europeo ne prende atto e invita a una formale reticenza …natalizia.
Che vi siano estesi territori europei dove il 25 dicembre non abbia alcun significato “specifico” è afferente a fattori che il “comitato supremo eu” controlla solo in parte. Il fenomeno dei “superamenti culturali” d’occidente (nei vortici de …l’air du temps) è soprattutto “gestito” dal delocalizzante sistema economicistico globalizzato (leggasi neoliberismo culturalmente apolide), che lo ha …”implementato”, perfino diffuso e soprattutto lo sostiene in forme diverse. Per cui è “formalmente” reticente nel considerarsi co-responsabile delle infauste ricadute “culturali” paradossali, ormai evidenti.
Permettetemi un inciso blasfemo: da tempo, è pure incontestabile quanto il “festeggiare” i “natali” delle diverse Patrie continentali possa provocare nel pubblico “progressista” (altrettanto neoliberista) sommesse reazioni allergiche. E non ho alcuna intenzione di contrastare i principi storici che hanno fatto dell’Europa l’Officina della democrazia “illuminata”, con tutti i suoi meriti e pure i diversi …demeriti segnalati nell’articolo.
Per contro, l’evidenziare i seppur imponenti trascorsi “storici” occidentali, nel “particolare” di una ricorrenza “specifica” seppur di vasta ampiezza di significato come quella del venticinque dicembre, quindi storia culturale, mi ricorda il famoso discorsetto di Paul Valéry: La Storia giustifica qualsiasi cosa. Non insegna assolutamente nulla, poiché contiene tutto, e di tutto fornisce esempi.”
Tanto per dire che, con tutto il rispetto, sarebbe fors’anche giusto considerare, più prosaicamente (ora e qui) come saper / poter “affrancarsi” dalla Storia per indagare le reali (vere, concrete) diciamo…mercantili-cause di tutte le attuali “neo-reticenze-culturali” (troppo) corrette che sfociano - inevitabilmente - in “europeici diktat” . Certo tutto avviene per induzione, insomma con metodi (ancora) soft. Tuttavia i risultati sono probabilmente (già) laceranti. Con molte (troppe) reticenze neoliberiste. Sorry …progressiste. E se smettessimo di fingere?