Svizzera

Votazione: bocciato il pacchetto a favore dei media, successo per “Giovani e tabacco”

Il popolo svizzero si è espresso oggi sui quattro temi in votazione. 

Il pacchetto di sostegno ai media dal valore di 151 milioni di franchi è stato bocciato con il 54.6% dei contrari. Nel nostro Cantone invece il risultato è stato simile, il 52.8% dei ticinesi ha infatti votato “No”.  Ad essere stato decisivo probabilmente l’argomento secondo il quale un sostegno di questo tipo avrebbe potuto mettere in pericolo la credibilità e l’autonomia dei media, nonostante i promotori abbiano sempre sottolineato che non si trattava di un pericolo concreto. I promotori e i sostenitori del pacchetto si auspicano che il tema sia ripreso a breve dal Parlamento. In Ticino, l’Associazione ticinese dei giornalisti si è detta  delusa da un risultato che indebolisce i media, aggrava la situazione delle piccole realtà giornalistiche come quelle ticinesi e mina “la democrazia svizzera”. 

Bocciatura netta anche per l’iniziativa che voleva porre fine alla sperimentazione animale nel nostro paese. Il 79.1% dei votanti ha infatti votato contro il divieto. Gli unici sostenitori infatti erano il gruppo di cittadini di San Gallo che ha  promosso l’iniziativa e alcuni medici alternativi. La Svizzera è uno dei paesi  in cui le norme sulla sperimentazione animale  sono più stringenti in assoluto e il testo dell’iniziativa era stato da subito  giudicato estremo dal Governo. Anche in Ticino il risultato è stato netto: il 68.5% dei contrari. 

L’unico successo di questa votazione è stato il risultato dell’iniziativa che “Sì alla protezione dei fanciulli e adolescenti dalla pubblicità per il tabacco”, accettato  con il 56.6% di favorevoli dalla maggioranza dei Cantoni. In Ticino invece il 57.8% dei votanti ha detto “Sì”.  

L’ultimo tema in votazione era la modifica della legge federale sulle tasse di bollo che non ha convinto il 62.7% dei votanti e ben 25 Cantoni. L’unico Cantone ad aver approvato l’iniziativa con il 51.1% di Sì è stato Zugo. In Ticino, il 54.6% dei Ticinesi ha votato “No”. 

MK

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  • Sintetizzo per evitare probabili sbadigli due temi di recente discussione: la stampa (crediti all’informazione) e la scuola (problema dei livelli).

    Le divergenze tra la missione giornalistica da... combattenti per la democrazia e l’immagine che ne hanno le persone comuni, ha raggiunto livelli macroscopici. È anche pur vero che mantenere una linea critica fuori dal sistema è operazione assai difficile. La democrazia di mercato rimane il solo quadro di riferimento, ciò che spesso crea un giornalismo inoffensivo.

    Rimane quindi evidente che in questo quadro di riferimento ogni discorso divergente diventa atto di coraggio. Non si può nemmeno invitare/obbligare il singolo giornalista a immolarsi per opporsi da solo all’orientamento generale. Un gruppo stesso di pochi giornalisti nulla possono contro un sistema mediatico da grande ascolto, organizzato per far loro da ostacolo.

    In una recente trasmissione radiofonica sulla scuola, una mamma residente in una grande città d’Oltralpe, narrava tra il preoccupato e il deluso del fatto che vi sia una sostanziale differenza tra il sistema orientativo/selettivo delle varie sedi di scuola elementare in diretta relazione con il quartiere di domicilio. In altri termini la condizione economica della “comunità di quartiere” determina i criteri di “differenziazione” scolastica.

    Nei quartieri benestanti, a forte competizione sociale, l’insegnamento è accelerato ai massimi livelli in un clima molto competitivo: le famiglie, nella grande maggioranza, aspirano per i propri figli l’accesso diretto agli studi accademici. Nei quartieri “popolari” l’insegnamento assume invece un registro più inclusivo, molto meno finalizzato al raggiungimento di competenze attitudinali spinte, non in diretto riferimento con la scelta degli studi superiori.

    Allievi, docenti e genitori confrontati, in buona sostanza, con un “adattamento” socio-didattico-abitativo allarmante. Ne nasce perfino al una sorta di “migrazionismo domiciliare” alla ricerca dell’ambito più confacente ai propri desideri pedagogici. Nel perfetto stile anglosassone più discriminatorio, dove la “meritocrazia” è una bandiera ideologica soprattutto se coniugata al grado di reddito e/o culturale delle famiglie. Senza escludere il ruolo sostitutivo dell’insegnamento privato, economicamente di per sé selettivo. Tutto lascia purtroppo indicare che il fenomeno divenga un elemento costitutivo della futura società civile elvetica.

    Un tema da prima pagina che ha invece tutte le caratteristiche di uno dei tanti ingombranti …“non detto”. Sono piuttosto vicino a chi da anni chiede (inutilmente) che ogni informazione “mediaticamente” emessa abbia l’obbligo di essere approfondita e accompagnata (per decreto giuridico obbligato relativamente alle fonti pubbliche) con (almeno) un paio di commenti costruttivamente contraddittori. Alfine di poter concedere credito. E crediti.

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    Le divergenze tra la missione giornalistica da... combattenti per la democrazia e l’immagine che ne hanno le persone comuni, ha raggiunto livelli macroscopici. È anche pur vero che mantenere una linea critica fuori dal sistema è operazione assai difficile. La democrazia di mercato rimane il solo quadro di riferimento, ciò che spesso crea un giornalismo inoffensivo.

    Rimane quindi evidente che in questo quadro di riferimento ogni discorso divergente diventa atto di coraggio. Non si può nemmeno invitare/obbligare il singolo giornalista a immolarsi per opporsi da solo all’orientamento generale. Un gruppo stesso di pochi giornalisti nulla possono contro un sistema mediatico da grande ascolto, organizzato per far loro da ostacolo.

    In una recente trasmissione radiofonica sulla scuola, una mamma residente in una grande città d’Oltralpe, narrava tra il preoccupato e il deluso del fatto che vi sia una sostanziale differenza tra il sistema orientativo/selettivo delle varie sedi di scuola elementare in diretta relazione con il quartiere di domicilio. In altri termini la condizione economica della “comunità di quartiere” determina i criteri di “differenziazione” scolastica.

    Nei quartieri benestanti, a forte competizione sociale, l’insegnamento è accelerato ai massimi livelli in un clima molto competitivo: le famiglie, nella grande maggioranza, aspirano per i propri figli l’accesso diretto agli studi accademici. Nei quartieri “popolari” l’insegnamento assume invece un registro più inclusivo, molto meno finalizzato al raggiungimento di competenze attitudinali spinte, non in diretto riferimento con la scelta degli studi superiori.

    Allievi, docenti e genitori confrontati, in buona sostanza, con un “adattamento” socio-didattico-abitativo allarmante. Ne nasce perfino al una sorta di “migrazionismo domiciliare” alla ricerca dell’ambito più confacente ai propri desideri pedagogici. Nel perfetto stile anglosassone più discriminatorio, dove la “meritocrazia” è una bandiera ideologica soprattutto se coniugata al grado di reddito e/o culturale delle famiglie. Senza escludere il ruolo sostitutivo dell’insegnamento privato, economicamente di per sé selettivo. Tutto lascia purtroppo indicare che il fenomeno divenga un elemento costitutivo della futura società civile elvetica.

    Un tema da prima pagina che ha invece tutte le caratteristiche di uno dei tanti ingombranti …“non detto”. Sono piuttosto vicino a chi da anni chiede (inutilmente) che ogni informazione “mediaticamente” emessa abbia l’obbligo di essere approfondita e accompagnata (per decreto giuridico obbligato relativamente alle fonti pubbliche) con (almeno) un paio di commenti costruttivamente contraddittori. Alfine di poter concedere credito. E crediti.

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    Rimane quindi evidente che in questo quadro di riferimento ogni discorso divergente diventa atto di coraggio. Non si può nemmeno invitare/obbligare il singolo giornalista a immolarsi per opporsi da solo all’orientamento generale. Un gruppo stesso di pochi giornalisti nulla possono contro un sistema mediatico da grande ascolto, organizzato per far loro da ostacolo.

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    Un tema da prima pagina che ha invece tutte le caratteristiche di uno dei tanti ingombranti …“non detto”. Sono piuttosto vicino a chi da anni chiede (inutilmente) che ogni informazione “mediaticamente” emessa abbia l’obbligo di essere approfondita e accompagnata (per decreto giuridico obbligato relativamente alle fonti pubbliche) con (almeno) un paio di commenti costruttivamente contraddittori. Alfine di poter concedere credito. E crediti.

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    Rimane quindi evidente che in questo quadro di riferimento ogni discorso divergente diventa atto di coraggio. Non si può nemmeno invitare/obbligare il singolo giornalista a immolarsi per opporsi da solo all’orientamento generale. Un gruppo stesso di pochi giornalisti nulla possono contro un sistema mediatico da grande ascolto, organizzato per far loro da ostacolo.

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