Cinque giorni fa, il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo intitolato “La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca”
Secondo l’articolo, l’intelligence avrebbe individuato i canali usati per la propaganda e ricostruisce i contatti per punire la “disinformazione” propagata dalla “rete filo-Putin”.
Una lunga lista di su parlamentari e manager, lobbisti e giornalisti colpevoli di “parteggiare” per Putin e non per Zelensky e di propagare la loro propaganda su reti come Telegram, Twitter, Facebook, Tik Tok, Vk, Instagram, ma anche Gab, Parler, Bitchute, ExitNews.
Messaggi contro l’invio delle armi da parte dell’Italia all’Ucraina, contro le decisioni di Draghi, che adesso sono piombati nella rete investigativa.
Il problema, però, adesso sembra essere un altro: quella lista non avrebbe dovuto essere divulgata.
Il sottosegretario a palazzo Chigi con delega alla sicurezza della Repubblica, Franco Gabrielli, ha dichiarato: “il perdurare di una campagna diffamatoria circa una presunta attività di dossieraggio da parte della comunità di intelligence (in realtà inesistente), mi ha convinto a chiedere al Dis di declassificare il tanto evocato ed equivocato Bollettino sulla disinformazione che avrebbe ispirato il noto articolo apparso sul Corriere della Sera“.
Il Dis è il Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza, la struttura che coordina i servizi, e le polemiche sarebbero nate in seguito alla pubblicazione di una lista di presunti “putiniani” che sarebbero stati oggetto di un report dei servizi commissionato dal Copasir.
Lo scorso mercoledì, proprio il presidente dell’organo parlamentare, Adolfo Urso, ha precisato che a realizzare il documento era stato “un tavolo interministeriale” con la partecipazione dell’Agcom, soltanto coordinato dall’intelligence.
Quella che ora i media chiamano la “lista di proscrizione” (riprendendo il nome delle celebri quanto famigerate liste, nell’antica Roma, dei dissidenti da uccidere), altro non è che, per Gabrielli, un documento desecretato dai Servizi.
Dalle accuse di violazione della libertà di opinione, Gabrielli si difende: “non indaghiamo sulle opinioni, i fari puntati sulle fake news”.
Per quanto, invece, riguarda la diffusione della suddetta “lista” da parte del Corriere, Gabrielli attacca: “la diffusione” dice “Non resterà impunita” Anche Urso, della Copasir, mette le mani avanti: “Il documento sui “putiniani” citato dal Corriere? Realizzato da un tavolo tra ministeri e Agcom. Non è lista di proscrizione”.
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