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Decifrata dai francesi, conquistata dagli inglesi: perché la Stele di Rosetta deve rimanere a Londra

Pochi anni fa scrissi un articolo intitolato “Perché Londra deve tenersi i marmi del Partenone”. Pochi anni fa, infatti, la Grecia aveva avanzato la pretesa di riavere ad Atene i marmi custoditi, oggi, nella “mitica” e iconica sala 29 del British Museum. Oggi, ci riprova l’Egitto che attraverso una petizione da migliaia di firme preme per “riavere in patria” il reperto della stele di Rosetta che però si trova al British Museum dal 1802.

È stato l’ex ministro per le Antichità del Cairo, l’archeologo Zahi Hawass: «È tempo che se ne è uscito sostenendo: “l’identità egiziana torni a casa. Non chiediamo al British Museum di restituire i 100 mila pezzi egizi che possiedono, chiediamo solo che restituiscano un singolo oggetto”.

La stele di Rosetta venne scoperta nella città di Rashid (da cui il nome, francesizzato e italianizzato) nel 1799 dai soldati dell’esercito napoleonico durante la campagna d’Egitto.

Quando nel 1801 i francesi dovettero arrendersi agli inglesi, gli inglesi la presero e la considerarono loro bottino, in nome del re Giorgio III.

Cosa dovrebbe dire, allora, la Francia all’Inghilterra? Ma per Hawass si trattò di un regalo: «I francesi la trovarono e la diedero come regalo agli inglesi ingiustamente — ha detto—. Questo è un furto francese e inglese».

Insomma, Hawass ha le idee confuse. E gli italiani? La bocca cucita perché (fuorché la Gioconda) chissà quali e quante opere potrebbero chiedere al Louvre… Perlomeno tutte quelle che Canova non riuscì a riportare in Italia.

Idee confuse, ma pretese chiare: Hawass ha fatto sapere anche che intende lanciare una petizione analoga per chiedere al Neus Museum di Berlino la restituzione del busto di Nefertiti: «Non sono contro l’esposizione di antichità egizie all’estero — ha detto —. Sono contro il metodo coloniale che i musei europei e americano ancora usano, che consiste nel fatto che comprano antichità rubate. Porteremo rispetto al British Museum se restituiranno la stele; se non lo faranno, la storia li condannerà».

Allora, depauperiamo anche la National Gallery e, stando alla logica di Grecia ed Egitto, facciamo ritornare tutti i Raffaello e i Michelangelo in “patria”: Sempre che di patria, di questi tempi, si possa parlare.

La stele di Rosetta risale al II secolo avanti Cristo e come in molti sanno contiene un’iscrizione in tre versioni: geroglifico, demotico (una scrittura egizia simile al greco) e greco antico.

Fu decifrata perciò dall’ archeologo francese Jean-François Champollion, grande conoscitore del greco antico, che decifrò così la lingua degli antichi egizi.

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