Primo piano

Cani da guardia e cagnolini scondinzolanti – Il Corriere intervista il suo direttore

foto Pixabay

Come giudica il ruolo dei media nella pandemia?

Fondamentale. Proprio per questo, quando tutto sarà archiviato, e lo sarà prima di quel che pensano i pessimisti, i giornalisti dovranno fare un severo e spassionato esame autocritico. Al di là di certe esagerazionl’i, quel che mi ha stupito, in male, è l’adesione acritica di molti colleghi a tutti i provvedimenti liberticidi decisi dalle autorità. Anzi, molti giornalisti avrebbero voluto più restrizioni e più limitazioni, senza alcuna attenzione alle garanzie dello Stato di diritto. I cani da guardia si sono insomma trasformati in cagnolini scodinzolanti.

PENSIERO DEL GIORNO

Tratto dall’intervista odierna al direttore Fabio Pontiggia, nel suo penultimo giorno di direzione

* * *

I media al tempo del Covid? Fondamentali, lo diciamo anche noi. Un’autentica sofferenza. Fondamentalmente spaventosi.

Bella intervista, ampia, importante, per un addio (si spera non assoluto) al quotidiano semi-istituzionale del Cantone. Ci siamo ricordati di avere anche noi, sul portale, una sua intervista, lontana nel tempo ma ancora interessante. Ne riproporremo tra poco la seconda parte, nella quale Pontiggia esprime calibrati giudizi sul Partito liberale radicale (era quello il tema centrale).

Che giornalista è Fabio Pontiggia? Innamorato del suo mestiere, rigoroso, severo, capace anche di accettare l’impopolarità, se necessario. Lo abbiamo apprezzato in tempi remoti (anni Ottanta, quando la pressione della sinistra era fortissima e il Muro non era ancora caduto), lo apprezziamo oggi, alla fine del suo mandato di direzione: lucido sulla pandemia e sui procuratori.

Il Pontiggia 2.0 – appellativo argutamente coniato dall’intervistatore Giovanni Galli – cioè quello “nuovo”, esiste? Indubbiamente sì, ma lui osserva (e si può accettare) che: non si dirige un’orchestra sinfonica come si suona il trombone in una Guggenmusik.

Lo salutiamo con rispetto e con affetto. Hai fatto buone cose, Fabio, e hai onorato il tuo mestiere.

foto Pixabay
Relatore

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  • Ci andrei piano con l'incensare il giornalismo cosiddetto indipendente. Non lasciamoci prendere la mano dai chimerici concetti di indipendenza, di equidistanza, di equilibrio, di pluralità, di correttezza, di autonomia. Per costringerci infine alla (impossibile giornalisticamente parlando) parolina magica: "libertà".

    E se smettessimo (pure) di adorare termini come quello di "responsabilità individuale" in contrapposizione a una negletta responsabilità collettiva: definizione, la prima, che nasconde una profonda declinazione ideologica legata alla fuorviante convinzione che la società sia (debba essere) la semplice somma di comportamenti individuali. Il che (apparente concetto soft) è invece pura ideologia hard.

    Esemplare la generica e contraddittoria (interessata?) lotta contro il mondo dei social. Definiti senza una dovuta (imparziale?) distinzione di sorta, come semplici "individualistiche" fughe in avanti determinate dal populismo. Se non addirittura dall'ignoranza popolare implicita.

    Concludo con la citazione di un noto giornalista del CdS, quindi un addetto, che contiene uno spiraglio di realismo e (soprattutto) di necessaria riflessione.

    La libertà di stampa è buona solo per se stessi. Vale solo se conviene. Se non conviene, viva il bavaglio: da mettere sulla bocca degli altri.

    Che sia legittimo (urgente) il bisogno di un cuore analfabeta?

    Dimenticavo ... Auguri!

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