Estero

Nove uomini arrestati per il naufragio al largo della Grecia

Mercoledì, un peschereccio sovraccarico con circa 750 persone a bordo, tra cui donne e bambini, è affondato in mare aperto a circa 100 km dalla costa della Grecia. Era partito da Tobruk nella Libia orientale.

Secondo quanto riferito, pakistani, egiziani, siriani, afghani e palestinesi costituivano la maggior parte dei passeggeri stipati sulla nave insicura. Si teme che molti pakistani rimasti intrappolati nella stiva, la parte più pericolosa del peschereccio quando si è ribaltato, siano morti, anche se il numero esatto non è stato ancora ufficialmente confermato.

Testimonianze suggeriscono che donne e bambini siano stati effettivamente rinchiusi nella stiva, apparentemente per essere protetti dagli uomini sulla nave sovraffollata. Anche i cittadini pakistani sono stati tenuti sottocoperta, con i membri dell’equipaggio che li maltrattavano quando chiedevano acqua fresca o cercavano di scappare. Sono emersi macabri dettagli sulle condizioni di quella imbarcazione, così desolanti che anche prima del suo affondamento c’erano stati sei morti dopo che era rimasta senza acqua dolce.

La guardia costiera greca è stata criticata per non aver fatto di più o per non aver agito abbastanza velocemente per prestare soccorso. La storia ufficiale di quello che è accaduto in mare sembra cambiare ogni giorno.

A causa della sua posizione anti-migranti recentemente inasprita, il governo greco è sotto tiro. Funzionari greci sostengono che i migranti hanno ripetutamente rifiutato l’assistenza e hanno insistito per proseguire verso l’Italia, anche se una nave della guardia costiera ha scortato il peschereccio per ore e ha assistito impotente mentre affondava in pochi minuti.

Giovedì le autorità greche hanno arrestato nove sopravvissuti perché sospettati di appartenere alla rete di contrabbandieri che ha organizzato il viaggio. Il peschereccio originariamente aveva lasciato un porto egiziano per l’area di Tobruk, dove aveva prelevato i migranti. I sospettati provengono da diverse zone del Kashmir controllate dalla capitale Islamabad, e un altro dall’aeroporto di Karachi, dove stava cercando di fuggire all’estero.

Ogni anno, migliaia di giovani pakistani intraprendono viaggi pericolosi tentando di entrare in Europa senza documenti adeguati alla ricerca di una vita migliore. I parenti dei migranti, ognuno dei quali ha pagato migliaia di dollari per il passaggio sulla quella nave, si sono riuniti nella città portuale meridionale di Kalamata, nel Peloponneso, per cercare i loro cari.

Nel complesso, gli sforzi per scoraggiare questi viaggi pericolosi sembrano inutili di fronte al numero di attraversamenti e morti in aumento.

MK

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