Il primo, un imponente Benito Mussolini, nasce quasi per caso. Guccione fotografa questo oggetto da un’angolazione ribassata, ne fa un monumento su un fondo dai colori caldi, vagamente aciduli. La somiglianza si coglie dopo. E lui, l’artista, con la sua consueta prontezza ad afferrare lo spunto e la sua voglia di giocare, ci prende gusto. La serie nasce così. E la somiglianza di ogni soggetto al suo teschio- perché la somiglianza c’è, sul serio, al netto di tutto ciò che viene aggiunto – ora la ottiene affidando la realizzazione della materia prima (il teschio, appunto) a un’azienda tedesca che si basa sul volto reale per intuire le fattezze del cranio. Il gioco è al tempo stesso pop e profondamente concettuale, ma ogni ritratto è unico, anche per procedimento, significati, simbolismi e associazioni. Ecco Andy Warhol. Con l’immancabile parrucchino, certo, ma anche virato in un rosso sanguigno. Ci guarda dritto negli occhi e lo sguardo, potremmo giurarlo, è proprio il suo: scanzonato e sornione al tempo stesso. Ecco Jackson Pollock, il cui teschio pare liquefarsi in un dripping di fluidi colori puri.
Ritratto dopo ritratto il gioco lo prende. Lui cambia stile, amplia la sfida. Marilyn Monroe inclina la testa, e basta quell’angolazione minima a illuminare tutto di una luce tragica (ancorché sia uno dei pochi scatti dominati dal bianco) e a trasformare il solco dell’osso in una lacrima. Frida Kahlo si sdoppia per raccontare il dramma della sua prigionia in un letto e l’ossessione degli autori tratti allo specchio, e i due teschi, issati su terribili colonne vertebrali di metallo, inalberano un roseo bouquet in cima alla testa. I fiori di Frida, sì, ma anche una stri dente nota di colore nel buio. Antoi:r{e de Saint-Exupéry è immerso nell’acqua , circondato dai pesci. Il Piccolo Principe, con il suo inconfondibile mantello foderato di rosso, è un bambolotto sullo sfondo. Questo è forse il lavoro più pittorico – con una costruzione teatrale degli spazi – e al tempo stesso più narrativo. Uno spunto ancora diverso sta alla base del ritratto dei Beatles. Guccione parte dalla copertina dell’album Beatlemania, del 1963, e mantenendo intatta l’impostazione ad angolo e il fondo nero trasforma in teschi i volti di John Lennon e George Harrison, lasciando identici i visi degli altri due componenti del gruppo. E poi ci sono i mistici. Jesus come un’apparizione virata in seppia con la corona di spine appoggiata direttamente sul cranio, Gandhi – l’uni co a figura intera – avvolto nella sua tunica candida e Martin Luther King: teschio nero abbandonato su un giaciglio a stelle e strisce. Luca della Robbia è uno dei ri tratti più intensi e struggenti. Il più potente e il più denso per simbolismi e significati. Il teschio è opera dello stesso Luca della Robbia: una straordinaria scultura in ceramica che risale al 1481. Accanto, come in una natura morta, quattro limoni che però si rivelano fatti di cera. Il fondo è di un nero vellutato e profondo, impenetrabile. La sensazione è quella di un silenzio sospeso.
Alessandra Redaelli
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