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20 luglio 1944: Operazione Valchiria | Quando il Diavolo protesse (ancora) il Führer

21 luglio 1944, Ostrów Mazowiecka, Masovia, Prussia Orientale. «Il mondo intero ora ci diffamerà, ma io sono ancora del tutto convinto che abbiamo fatto la cosa giusta. Hitler è l’acerrimo nemico non solo della Germania, ma del mondo intero» disse Tresckow all’amico Schlabrendorff. Quindi, si portò una bomba a mano alla testa, e si fece esplodere. Lo seguirono nella morte il feldmaresciallo von Kluge e il generale Wagner. Così facendo, sfuggivano alla condanna che Hitler aveva decretato per loro, ovvero quella di essere “impiccati e appesi come bestiame al macello”.

Tresckow aveva già tentato di uccidere Adolf Hitler nel corso dell’Operazione Spark, ma questa volta, nel corso dell’Operazione Valchiria, era stato preso.

Rastenburg, 20 luglio 1944. Il colonnello Von Stauffenberg si recò alla Wolfsschanze, dove era stato convocato da Hitler in persona, per riferire notizie sulle divisioni che la milizia territoriale stava preparando contro l’avanzata sovietica. Il colonnello Von Stauffenberg e il tenente Werner portavano una bomba nelle rispettive borse, preparati da Wessel Freytag von Loringhoven. L’ordigno, avrebbe dovuto essere innescati a tempo, attraverso un detonatore formato da una sottile molla di rame che sarebbe stata progressivamente corrosa da un acido.

La Wolfsschanze era protetta da tre anelli, difesi da campi minati, casematte e barriere di filo spinato, superabili attraverso tre posti di blocco e ogni ufficiale aveva a disposizione un lasciapassare, valido una sola volta, e tutti dovevano essere soggetti alla perquisizione da parte di un ufficiale delle SS.

Erano circa le 11 quando Von Stauffenberg e Werner oltrepassarono, senza difficoltà, le barriere, presentandosi alla “tana del Lupo”. Il Führer sarebbe arrivato alle 13.00. Quand o sarebbe esplosa la bomba, il generale Fellgiebel e il generale Stieff avrebbero dovuto trasmettere la notizia della morte di Hitler e avviare la cosiddetta Operazione Valchiria. Si fece però annunciare Benito Mussolini, e la riunione fu così anticipata alle 12.30. Bisognava accelerare l’operazione. E soprattutto l’innesco degli ordigni.

L’attendente Haeften, innervosito, lasciò l’esplosivo incustodito in una borsa su una scrivania. Un sottoufficiale delle SS gli chiese di cosa si trattasse. Stauffenberg, che nel frattempo si era assentato per lavarsi, ritornò. Il suo arrivo levò dai guai Haeften.

Rimasti soli, Haeften e Stauffenberg iniziarono la preparazione dei due ordigni. Il primo fu innescato. Proprio in quel momento, il feldmaresciallo Keitel li chiamò: la riunione era già iniziata. «Stauffenberg si sbrighi» disse. Stauffenberg rinunciò così ad innescare anche il secondo ordigno. Credette che l’esplosione del primo avrebbe fatto deflagrare anche il secondo.

Il colonnello uscì correndo, con la borsa sotto il braccio: una sola delle due bombe era stata innescata. L’attendente di Keitel, cercò di prendergli la borsa per affrettarsi. Il colonnello gliela strappò di mano e si mise a correre, diretto verso la sala dove si stava tenendo la riunione, un edificio in mattoni e legno, con larghe finestre, tutte aperte, a causa del caldo. Stauffenberg aveva creduto invece che si sarebbe tenuta nel bunker di cemento (che avrebbe amplificato la potenza dell’esplosione). Era troppo tardi per caricare anche la seconda bomba.

Il colonnello chiese all’attendente di Keitel di sedersi vicino al Führer a causa dei suoi problemi di udito; l’ufficiale diede il suo assenso e appoggiò la cartella di von Stauffenberg dietro al tenente generale Adolf Heusinger, che in quel momento stava presentando il suo rapporto in merito al fronte orientale. Il colonnello Heinz Brandt, in piedi accanto a Hitler, spinse con il piede la cartella dietro la gamba del tavolo.

Stauffenberg – aveva 36 anni

Hitler non chiese di sentire Stauffenberg, preferendo lasciar finire Heusinger. Stauffenberg, allora, chiese di uscire per una telefonata. Permesso concesso.

Fuori, Stauffenberg si mise a correre verso l’automobile, guidata dal tenente Erich Kretz, che lo attendeva.

Dentro, il generale Heusinger stava dicendo «se non facciamo ritirare immediatamente il nostro gruppo di armate che si trova accanto al lago Peipus, una catastrofe…»

Fuori si udì l’esplosione. Erano le 12.42. Il colonnello, insieme al tenente von Haeften, salì in macchina e ordinò all’autista di partire. Mentre l’automobile rombava, fuori usciva un uomo con le gambe bruciate. Era Adolf Hitler, scampato all’attentato.

Adolf Hitler, scampato all’attentato, visita insieme a Benito Mussolini ciò che resta della sala riunioni. (ganz rechts. Dolm. Dr. Paul Schmidt) – da Wikipedia

Spingendo la cartella dietro la gamba del tavolo, il colonnello Brandt, senza saperlo, aveva evitando l’uccisione di Hitler, e causato la propria morte. Erano morti anche altri due ufficiali e lo stenografo.

Erano le 12:44 quando von Stauffenberg uscì dalla “tana del lupo” e telefonò a un membro della cospirazione, Möllendorf, mentre Haeften si liberava della seconda bomba.

L’Operazione Valchiria, ovvero la mobilitazione della milizia territoriale in caso di colpo di Stato o insurrezione interna, era fallita ancor prima di incominciare.

A mezzanotte, il colonnello Claus von Stauffenberg, il generale Friedrich Olbricht, il colonnello Albrecht Mertz von Quirnheim ed il tenente Werner von Haeften furono arrestati e fucilati.

Berlino, carcere di Plötzensee, 8 agosto 1944. Dopo venti giorni di torture, quasi duecento congiurati furono “impiccati come carne da macello” così come il Führer aveva ordinato. Le esecuzioni furono filmate con una registrazione audiovisiva di circa quattro ore, che Hitler guardò con morboso compiacimento, mostrandole anche ad altri gerarchi, che si sentirono male. Dal 1950, il filmato fu occultato dalla Germania.

Carl Goerdeler – la storia fatta col “se” – da Wikipedia

Il 14 ottobre dello stesso anno, Rommel, probabilmente coinvolto nella congiura, si suicidò,

Il fallimento del colpo di Stato aveva portato all’arresto di circa 5.000 persone, molte delle quali erano finite internate nei lager.

Impiccato dopo mesi di torture il 2 febbraio 1945, l’ex borgomastro di Lipsia, Carl Goerdeler, che avrebbe dovuto essere il nuovo Cancelliere dopo la morte del Führer, prima di salire sulla forca, aveva detto: “Chiedo al mondo di accogliere il nostro martirio come una penitenza del popolo tedesco”.

Relatore

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