Politica

L’INDIPENDENZA DELLA BCE

di Francesco Pontelli, Politica Internazionale -15 Settembre 2023 – il Nuovo Giornale Nazionale

La lontananza dal mondo politico, ma soprattutto dalla comprensione delle ricadute economiche ed occupazionali per il mondo reale, rappresenta la forma peggiore di Indipendenza da sempre assicurata alla massima autorità finanziaria Europea.

Nessuno contesta la necessità di una propria autonomia della Bce, la quale dovrebbe mantenersi e dimostrarsi  lontana da interessi e beghe politiche dei vari paesi che compongono l’Unione Europea.

Tuttavia,  dopo la pandemia, lo scenario economico internazionale si è trasformato esponendo soprattutto le economie  Europee, ed in particolare quelle a vocazione industriale come Germania Francia Spagna e Italia, a  subire gli effetti di una spirale inflattiva di origine  esogena cioè di importazione.

Contrariamente, infatti, al medesimo fenomeno inflattivo statunitense, nel quale la genesi inflattiva rappresentava l’espressione di un’economia in salute avendo raggiunto la piena occupazione,  in Europa il medesimo fenomeno si è dimostrato di origini opposte e contrastanti. 

La semplice considerazione della diversa origine del problema monetario avrebbe dovuto inaugurare una azione di contrasto molto più complessa ed articolata  rispetto alla strategia della statunitense Fed.

In questo contesto, infatti, si rivela incredibile come le sacrosante critiche mosse alla BCE  non vedano coinvolti anche  i gestori delle varie spese pubbliche nazionali, cioè i governi nazionali, i quali usufruiscono del Fiscal Drag che soLo nel 2022 ha superato il 55 miliardi di euro in Italia. 

In altre parole, di fronte a questo aumento delle  entrate fiscali legato alla crescita nominale della base imponibile, un governo Nazionale che si rispetti avrebbe operato per un ritorno in termini di diminuzione della pressione fiscale, ovviamente stornato dei maggiori costi che anche lo stato dovrebbe affrontare. Quando, invece, ancora una volta il fiscal drag, ancora oggi, viene utilizzato per aumentare semplicemente i capitoli della spesa pubblica. 

Mai come adesso, si avverte la necessità  di un’azione combinata tra la BCE e gli stati centrali con l’obiettivo di una riduzione della pressione fiscale, in quanto rappresenta l’unica soluzione che potrebbe attutire in parte  la progressiva perdita di potere d’acquisto soprattutto per le classi meno abbienti.

Questo azione certamente ridurrebbe  il potere discrezionale dei governi nazionali e  soprattutto li renderebbe  finalmente responsabili delle scelte politiche,  introducendo un collegamento  tra spesa pubblica e ricorso al debito e pressione fiscale, tutti e tre in crescita esponenziale, 

la cui mancanza  ha portato alla cifra di 2816 miliardi di debito pubblico.

Sempre incredibile come la massima autorità europee non abbiano ancora compreso come,  dopo la pandemia e con una guerra ancora in corso, non si possa combattere un fenomeno economico come l’inflazione mantenendo inalterati i protocolli pensati per un sistema economico che non esiste più. 

Nessuno chiede il ritorno ad una banca centrale che possa comprare tutti i titoli del debito pubblico invenduti, come fu con il Q.E.,  ma certamente una concertazione tra politica monetaria della Bce  e fiscale dei singoli stati dovrebbe essere finalmente la regola principe.

Viceversa, l’indipendenza della banca centrale europea rappresenta il limite stesso al suo raggio di azione, lasciando comunque inalterati gli effetti devastanti della propria strategia espressa con il decimo rialzo consecutivo dei tassi.

Quindi,  e se fosse proprio l’indipendenza della Bce,  in un contesto di gravità straordinaria  rivoluzionato dalle conseguenze della crisi pandemica e da una guerra in corso, 

il vero problema? 

Relatore

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