Un’intervista incompiuta, una musica assordante. La scrittrice si scusa con la studentessa: “è mio marito che lavora di sopra”, dice, anche se sembra più interessata a parlare della vita della giornalista improvvisata, piuttosto che della propria. Di comune accordo, l’intervista viene rimandata. Un ragazzino esce di casa, col proprio cane. Quando torna, trova il padre caduto giù dalla finestra, in un lago di sangue. “Anatomia di una caduta” di Justin Triet – Palma d’oro a Cannes inizia così, potente.
Un’indagine serrata, non già sull’unica sospettata – la moglie, ma sulle problematiche irrisolte dietro una coppia ormai alla deriva.
Due scrittori. Lei di successo, lui fallito. Una baita sulle alpi francesi. Isolata, piena di debiti. Un figlio iper-intelligente. Ipovedente, a causa di un incidente dovuto proprio al padre. E costui, morto suicida o assassinato?
Un’indagine serrata, un processo tendente a demolire la personalità di Sandra (scrittrice di thriller, bisessuale, fedifraga) e a condannarla in quanto lei è tutto ciò. Ma è davvero la verità?
Cruciale sarà la testimonianza del figlio quasi cieco, che da un lato dovrà scoprire il marcio dietro la relazione dei suoi genitori, dall’altro ricordare ossessivamente le ultime ore di vita del padre. Capolavoro morale.
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