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Un poeta che fugge, per i corridoi vaticani… – di Chantal Fantuzzi

Un poeta che fugge, per i corridoi Vaticani, inseguito da un Papa furioso. Il fuggiasco chiedeva solo una riconciliazione, per conto di altri, per giunta. Ma l’inseguitore non era tanto atto al dialogo. Esempio di come, in Italia, l’assenza della diplomazia abbia una lunga storia. Oggi alcuni ministri rifiutano le interviste correndo a nascondersi dietro le guardie del corpo, altri insultano direttamente i giornalisti. Poi ci sono quelli più raffinati, che con atteggiamenti silenti e vittimistici, querelano. La diplomazia non appartiene alla storia d’Italia. No, di certo. E, d’altra parte, ben lo seppe Ariosto che lo sperimentò sulla sua pelle quando, nel 1510 fu inviato in qualità di ambasciatore a Roma, per conto del cardinale Ippolito d’Este. Doveva convincere il pontefice Giulio II a revocare la scomunica inflitta al suo signore, duca di Ferrara. Ma Giulio II, che della santità aveva soltanto il nome e somigliava più a un guerriero, sanguigno ed irascibile, nel vedere l’Ariosto, ambasciatore del suo nemico, balzò su tutte le furie. Il mite poeta non poté certo invocare “ambasciator non porta pena” poiché il terribile pontefice minacciò di darlo in pasto, vivo, ai pesci. Non doveva certo esser facile trattare con un Papa che guidava gli eserciti a cavallo e in armatura e che, per incitare i suoi guerrieri contro il re di Francia Luigi XII (che da tempo ambiva al dominio dell’Italia) aveva gridato, tra le ovazioni dei soldati <<Se vince il re di Francia, mi taglio le p…!>>

Poi l’imperatore d’Asburgo Massimiliano I aveva fermato l’esercito francese in Svizzera. Forse temeva veramente che il papa potesse ferirsi. Moralmente, s’intende.

Era lo stesso Papa che aveva commissionato a Michelangelo un monumentale mausoleo (oggi San Pietro in Vincoli) ma, per il carattere forte dell’artista era venuto ai ferri corti anche con questi, che non sopportandolo più, era scappato a cavallo rifugiandosi in una cava di Carrara.

Comunque, tornando all’Ariosto, doveva essere proprio un crudele gioco del destino, quello del poeta. Scampato ai pesci del pontefice fu costretto a trattare di nuovo con lui. Due anni dopo, al seguito del duca Alfonso d’Este, tornò al cospetto di Giulio II per chiedere che si riconciliasse con gli Estensi, dopo che questi si erano alleati coi Francesi. Ancora una volta il Papa non volle sentire ragioni, né pensò a placare le sue ire. Duca e poeta furono costretti a fuggire di corsa per i corridoi Vaticani, per sottrarsi alle furie di sua Santità.

Di sicuro meglio fu, per Ariosto, sottrarsi al rischioso ruolo di politicante e ritornare nella più tranquilla Ferrara dall’amata Alessandra Benucci, musa ispiratrice dell’Orlando Furioso, che avrebbe, più tardi sposata in segreto, per poi vivere con lei, per sempre.

Eredità del tempo che fu, saranno certamente le Arti, la Cultura, la Scienza. Irrilevante ed assente, la diplomazia.

Chantal Fantuzzi

Relatore

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