Estero

Così, in Argentina, lasciò il mondo la poetessa ticinese Alfonsina Storni

Avvertenza. Questo articolo ha una stretta relazione con l’intervista (QUI) che Ticinolive ha fatto alla scultrice Eva Antonini, che ha creato una statua in memoria di Alfonsina Storni. Essa sarà collocata nel villaggio di Sala Capriasca.

* * *

25 ottobre 1938. Sulla spiaggia la Perla di Mar del Plata una donna passeggia, tremante. Poi, si getta tra le acque, e viene inghiottita dal mare.

Si chiama Alfonsina Storni Martignoni, è nata quarantasei anni prima nel Canton Ticino, a Sala Capriasca, vicino a Lugano, il 29 maggio 1892. A quattro anni però, con la famiglia si è trasferita a Rosario, in Argentina, dove il padre, un industriale della birra, ha aperto una trattoria. L’andamento incerto degli affari ha costretto Alfonsina a lavorare fin da giovanissima come lavapiatti, cameriera, cucitrice e operaia. E lei ci ha sempre scherzato su. “Mi chiamarono Alfonsina” confesserà all’amico Fermín Estrella Gutiérrez “che significa disposta a tutto”. In nomen omen.

Alfonsina Storni

A quindici anni Alfonsina diventa attrice della compagnia di teatro diretta da Manuel Cordero, esibendosi in tutto il paese. È il 1907: Alfonsina recita opere di Henrik Ibsen, Benito Pérez Galdós e Florencio Sánchez, si approccia alle principali opere del teatro classico e contemporaneo.

La madre, nel frattempo, si è risposata, stabilendosi a Bustinza, Alfonsina pare abbandonare il teatro, si fa adulta, si diploma maestra rurale a Coronda e contemporaneamente inizia diverse collaborazioni con alcune riviste letterarie, Mundo Rosarino, Monos y Monadas e la prestigiosa Mundo argentino, sulla quale vengono, intanto, pubblicati i versi del messicano Amado Nervo e del nicaraguense Rubén Darío.

Anche Alfonsina scrive, poesie, versi, storni. E sui periodici per cui collabora, inizia a pubblicare le sue prime poesie.

A soli ventidue anni, si trasferisce a Buenos Aires e l’anno successivo dà alla luce il figlio Alessandro: non rivelerà mai il nome del padre naturale del bambino.

Ragazza-madre e amante segreta, si ostina a proteggere “l’intimità dei propri affetti”, e la sua determinazione la porta ad opporsi apertamente in atteggiamento di sfida alla società contemporanea, alla morale e ai pregiudizi.

Monumento ad Alfonsina Storni al Mar de la Plata

Alfonsina non se ne cura, inizia a collaborare alla rivista letteraria Caras y Caretas (Volti e maschere) e pubblica, nel 1916, la sua prima raccolta di poesie in volume (La inquietud del rosal).

Due anni dopo gli amici poeti Roberto Giusti e José Ingenieros presentano il di lei secondo volume, El dulce daño.

Passano altri due anni, Alfonsina visita Montevideo, pubblica Languidez, ottiene i primi importanti riconoscimenti nazionali, poi, nel 1922, conosce il poeta uruguayano Horacio Quiroga con il quale stringe un’amicizia profonda ed eterna.

Un anno dopo diviene insegnante di letteratura presso la Escuela Normal de Lenguas Vivas e prende parte attiva all’organizzazione delle biblioteche popolari socialiste di Buenos Aires; sotto lo pseudonimo di Tao Lao diviene anche giornalista.

La necessità di nascondersi, di mascherarsi, la volontà di sfuggire al successo ottenuto col pubblico e all’attenzione da parte dei colleghi scrittori e da parte della critica internazionale, iniziano a crearle un crescente disagio interiore.

Alfonsina si stringe nell’angoscia e inizia a subire una forma di nevrosi sempre più radicata.

Per sfuggire alla sofferenza (ma forse ancor più a se stessa) abbandona l’insegnamento e si dedica ai viaggi: si reca in Europa dove conosce Borges, Pirandello, Marinetti e García Lorca.

Il suo stile ne risente positivamente, ma quasi presagi del suo futuro, intervengono, nella sua poesia, ossessivamente i temi del mare e della morte: Frente al mar (1919), Un cementerio que mira al mar (1920), Alta mar (1934).

È il 1935: Alfonsina sta male, si fa visitare. La diagnosi è brutta: tumore al seno. Se Alfonsina fosse vissuta quarant’anni dopo si sarebbe salvata. Purtroppo, l’epoca non lascia scampo alla poetessa: dopo una difficile operazione, sembra migliorare, poi, però, il male si ripresenta, aggressivo.

Alfonsina non vuole più vivere. Sceglie, quasi titanicamente, il suicidio liberatorio. Un tema, quello della morte, preannunciato da molte sue poesie, come Voy a Dormir, che invia a La Nación il 24 ottobre. Il giorno dopo s’immerge nel mare della spiaggia Mar del Plata, inizia a nuotare verso il largo, lascia che le onde si chiudano su di lei.

Alfonsina esce dal mondo ed entra nella leggenda.

Il suo tragico suicidio ispira la canzone Alfonsina y el mar di Ariel Ramírez e Félix Luna, interpretata da musicisti e cantanti di lingua spagnola tra cui Mercedes Sosa, Nana Mouskouri, Avishai Cohen, Miguel Bosé, Cristina Branco, Silvia Pérez Cruz e Rosalía (nome d’arte di Rosalía Vila Tobella).

Anche la cantautrice norvegese Ane Brun ne incide una versione in spagnolo, mentre Franco Simone interpreta la canzone seguito Eugenio Bennato e da L’Arpeggiata (con Lucilla Galeazzi alla voce); una versione è interpretata anche dalla massima esponente della musica catalana di Alghero Franca Masu e dall’italiana Antonella Ruggiero.

Nel 1982, Luis María Serra portò in musica molte poesie di Alfonsina Storni che furono interpretate dalla cantante argentina Marikena Monti.

La canzone, struggente, recita (in spagnolo):

En el fondo del mar/hay una casa/de cristal./A una avenida/de madréporas/da./Un gran pez de oro, /a las cinco, /me viene a saludar./Me trae/un rojo ramo/de flores de coral. (da Yo en el fondo del mar)

Decid, oh muertos, ¿quién os puso un día/Así acostados junto al mar sonoro?/¿Comprendía quien fuera que los muertos/Se hastían ya del canto de las aves/Y os han puesto muy cerca de las olas/Porque sintáis del mar azul, el ronco/Bramido que apavora? (da Un cementerio que mira al mar)

Per la poesia latinoamericana la poetessa ticinese è una figura leggendaria, la selfmade woman di Buenos Aires, ribelle, carismatica e socialista, nonché poetessa di audaci versi sperimentali.

«Sono una donna del XX secolo», scrisse di sé, scegliendo, per ogni sua poesia, sempre lo spagnolo. L’unica frase in italiano che lascia è in un telegramma che da Parigi, il 25 febbraio 1930, mandòa ai parenti in Svizzera: «Ancora abbraccio tutti. Alfonsina».

Scriverà di lei, nel 2002 su Leggere Donna, Franca Cleis: «Alfonsina è stata una donna del popolo, una maestra ragazza-madre, una socialista, è diventata una star della poesia latino-americana, nota anche in Europa dove ha tenuto conferenze, tradotta in francese e in italiano, una donna pubblica, una femminista che si è battuta per i diritti delle donne, una donna ultramoderna (così amava definirsi lei, che ha scelto di vivere senza balaustra e di morire nel mare).»

E Alfonsina, di se stessa, aveva scritto:

Io sono come la lupa. Me ne vado sola e rido

del branco. Mi guadagno il cibo ed è mio

dovunque sia, poiché ho una mano

che sa lavorare e cervello sano.

Chi mi può seguire venga con me,

ma io me ne sto ritta, di fronte al nemico,

la vita, e non temo il suo impeto fatale

perché ho sempre un pugnale pronto in mano.

Il figlio e dopo io e dopo… quel che sia!

Quel che prima mi chiami alla lotta.

Talvolta l’illusione di un bocciolo d’amore

che so sciupare prima ancora che diventi fiore.

 

Relatore

Recent Posts

“Caro Nava, la tua intervista non mi è piaciuta per niente!” – Paolo Camillo Minotti polemizza

"Pesenti appartiene al socialismo popolare e dal volto umano" 2016 Avvertenza. Secondo nostre informazioni particolari…

6 ore ago

“Amo il calcio e sono tifoso del Milan” – di Vittorio Volpi

CALCIO - POLITICA – STORIA Amo il calcio e sin da piccolo sono tifoso del…

7 ore ago

Il nuovo integralismo abbatti-statue non ha limiti! – A Iris Canonica il Pensiero del giorno

Avanti allora con l’azzeramento della storia, mentre fra un po’ qualche scraniatello della nouvelle vague…

13 ore ago

Piccoli cristiani benpensanti – Zibaldone di Gianfranco Soldati

I “cretini benpensanti”, dove cretino va inteso nel senso etimologico, a dire il vero da…

14 ore ago

Il pericolo dei “social”. Strumenti del diavolo? – di Franco Cavallero

PENSIERO DEL GIORNO  In questi giorni sta imperversando sui "social" un ponderoso discorso: la pericolosità di…

14 ore ago

In ricordo di Elio Bernasconi. “Accidenti a quei pretacci!” – di Paolo Camillo Minotti

(fdm) Questo non è un necrologio, ma un monumento. Un profondo ricordo, ricco, preciso e…

15 ore ago

This website uses cookies.