Arte

Modigliani, tra veri e falsi – di Orio Galli

Di Amedeo Modigliani ricordo ancora la grande mostra a Palazzo Reale a Milano nei primi anni Sessanta del secolo scorso. Già allora, mentre saltuariamente frequentavo l’Accademia di Brera, si accennava a Modigliani come a uno degli artisti maggiormente falsificati. Un grande pittore, ma sicuramente uno tra più facili da copiare, anche per un suo certo manierismo. (Manierismo: estetismo, compiacimento per la ripetizione di alcuni stilemi, forme stilistiche).

Nel 1984 avvenne la grande beffa. Alcuni giovani bontemponi avevano realizzato delle teste in pietra alla “maniera” di Modigliani, facendole poi finire in un canale a Livorno nell’Arno. Quando le sculture vennero ripescate… anche molti pesci caddero nella rete insieme a famosi critici d’arte come Argan, Brandi Ragghianti. Questa burla, dal mio punto di vista, si prestava emblematicamente per una serie di considerazioni sull’arte in generale, e su quella contemporanea in particolare. Su i suoi miti e le sue mitizzazioni.

Ora si dà il caso che con Rudy Chiappini il tema ritorni oggi ancora d’attualità. Anche se nel frattempo di acqua ne è passata, e non solo sotto i ponti dei canali toscani. L’arte contemporanea in quasi quarant’anni di strada ne ha fatta. Ma quale strada? Da azione estetica si è fatta sempre più un fatto filosofico, ma soprattutto evento mediatico. C’è chi – dicendo di fare arte –  è giunto addirittura a evirarsi i genitali. Purché se ne parli? Nel frattempo la “merde d’artiste” di Piero Manzoni è addirittura diventata un classico, quotata centomila Euro la scatoletta. E c’è pure chi la compera…!

Certo, oggi conta ormai solo il mercato (mer…dato?). E perciò i critici creano, inventano – da “curators”– gli artisti…, e il loro prodotto! Mentre forse sarebbe cosa più saggia e necessaria cercare di spiegare già ai più piccini, fin dalle scuole materne, quali sono i principi fondamentali del bello e del brutto. Far capir loro, fin dalla più giovane età, le basi dell’etica e dell’estetica, che son poi quelle del giusto e dello sbagliato (si rilegga ciò che ha scritto al proposito molti anni fa Umberto Eco). Partendo naturalmente dalla manualità dell’analogico. E non dall’astratto numerico del digitale. Capisco, chi dovrebbe occuparsi di tutto ciò, oltre a possedere le specifiche competenze, dovrebbe essere in primis anche assunto per questo scopo, e pure dignitosamente remunerato. Ma da chi?

Orio Galli

Relatore

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