Il Califfato Islamico, il cui nome nel 2014 segnò l’inizio della nuova fase per lo jihadismo, fu fondato nel 633 dando potere assoluto al Sultano. Fu pertanto praticamente coevo alla nascita dell’Islam stesso.
Nel 632 Maometto aveva proclamato la guerra santa islamica contro l’oriente pagano e cristiano. Dieci anni più tardi, l’ultima milizia bizantina abbandonò l’Egitto al suo destino. Il patriarca calcedoniano Ciro, secondo le fonti, sarebbe stato colui che, sotto il nome di Al Mukaukas, avrebbe consegnato senza resistenza, la sua gente alle forze islamiche.
Nelle cronache copte il suo ricordo sarebbe per sempre stato relegato ad una personalità famigerata che aveva ceduto senza resistenza. Eppure, guerre ce ne furono: gli abitanti di Al Fayum resistettero, in difesa della loro città, in 20mila ai 12mila assendianti islamici, dando luogo ad una battaglia campale a Eliopoli.
Il 6 aprile 641 gli arabi conquistarono la fortezza di Traiano a Babilonia, nel settembre dello stesso anno il patriarca Ciro firmò la resa, nel dicembre infine, navi cariche d’oro partirono velocemente per salvare i propri manufatti importandoli a Bisanzio.
Era la fine di un mondo, la spaccatura di un’epoca, sia storica che sociale. Vogliamo dunque continuare a scindere storia e attualità?
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