25 luglio 2014
Notte parzialmente insonne, segnata dai regolari rintocchi dell’orologio del campanile del villaggio (Dalpe) e dal quasi impercettibile ronzìo del robot tagliaerba (“il nostro animaletto”) che si aggira zigzagando per il giardino. Ho pensato a due-tre teoremi di matematica, a due-tre mani di bridge, a due-tre combinazioni di scacchi. Morfeo nicchiava.
A un certo punto mi sono chiesto: se mettessi a bella quelli che ai miei occhi sono le tre (non una di più) “verità” fondamentali – con un tuffo al cuore metto le virgolette a una parola come questa! – attorno alla tragedia che si consuma in Palestina? Detto, fatto.
1. Ai palestinesi del loro territorio non resta praticamente più nulla (e in ogni caso sempre meno). Perciò ogni trattativa, invariabilmente, è fallita, e parliamo di decenni. Avrebbero potuto o potrebbero accettare l’offerta… di che cosa?
2. Hamas – non vedendo alcuna alternativa praticabile di lotta – ha deciso di sacrificare come martiri una parte del popolo palestinese (parliamo di centinaia e di migliaia di esseri umani). Una decisione estrema, terribile e spietata, e, agli occhi di molti, criminale.
3. La chiave di questo inestricabile conflitto sta a Gerusalemme? No. A Tel Aviv? Nemmeno. Ciò che accade, accade per così dire a Washington, sede della massima potenza militare mondiale, sotto l’alta guida di un premio Nobel per la Pace, e ciò ci rassicura.
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