Estero

Il teatro dell’assurdo | di Tito Tettamanti

Il teatro dell’assurdo

Eugène Ionesco è stato il geniale fondatore del Teatro dell’assurdo. Se fosse ancora vivo dovrebbe confrontarsi con la concorrenza del nostro un po’ arruffone e confusionario Consiglio federale.

(Una scena tratta dal Teatro dell’Assurdo di Eugene Ionesco)


Non è chiaro nella compagnia chi è il regista, chi il capocomico, il suggeritore, chi si agita per far credere che non è solo un figurante.
L’ultima “pièce” concerne la prevista ripresa delle negoziazioni con l’UE. È stata tra l’altro preceduta da una visita del Commissario europeo responsabile delle trattative con la Svizzera che ha chiaramente detto che le richieste dell’UE sulle quali basare il previsto Accordo istituzionale non si discutono e bisogna muoversi in fretta. L’Accordo va stipulato entro la fine del 2024, dato che dopo le elezioni europee di quell’anno con una nuova Commissione sarà più difficile trattare. Questo lo dice lui, ma da come stanno andando le cose in Europa ho difficoltà a crederci.
Mi rendo conto che lo scontro (che non c’è stato) non fufacile per Cassis. Il Commissario Maroš Šefčovič ha imparato la tecnica delle negoziazioni nella miglior università moscovita che allora preparava i futuri alti gerarchi di provata convinzione comunista per l’impero sovietico.
Non voglio mettere in dubbio la buona fede della sua conversione democratica, ma di una cosa sono certo: il DNA non si cambia.
La reale situazione delle negoziazioni per un Accordo istituzionale tra UE e Svizzera – già di per se difficile tradue istituzioni antitetiche – è stata molto ben riassunta dal Professor Dr. Michael Ambühl, già diplomatico, Segretario di Stato e professore al Politecnico di negoziazioni diplomatiche.

Tito Tettamanti


La posizione dell’UE è chiara, ce l’hanno cantata in tutte le musiche durante i nostri pellegrinaggi a Bruxelles, quelliistituzionali, inevitabili, e purtroppo anche quelli di parlamentari svizzeri impiccioni, con toni da penitenteaccompagnati da un alto funzionario federale già membro del Segretariato del Partito Socialista (assurdo?).
L’UE non intende riprendere le negoziazioni se non quando sarà sicura che il risultato corrisponderà a quanto si è prefissa. In altri termini c’è poco da negoziare su ciò che è importante. Non vogliono rimettersi come in passato in trattative che durano anni senza avere la certezza del risultato.
Uno dei punti cardine sui quali Bruxelles non è disposta assolutamente a cedere è quello della competenzagiurisdizionale.
Qualche modifica sarà possibile nel campo della protezione dei salari, giusto per poter indebolire l’avversione dei sindacati, ma è polvere negli occhi.
Sappiamo tutti che l’accettazione del tribunale della controparte quale giudice in caso di contestazione equivale ad una sottomissione che rammenta la frase di Brenno, capo dei Galli invasori di Roma: vae victis. Con una funambolesca piroetta, alle quali ci sta abituando, il Ministro degli esteri Cassis in una intervista alla NZZ dice che alla fine di un processo più costruttivo (come?) potremmo anche accettare questa “Streitbelegung”, vale a dire la sottomissione al giudice straniero.
Cassis talvolta improvvisatore, talvolta ossequienteripetitore, riprende quanto in un rapporto di fine 2022 il Consiglio federale scrive, e cioè che “Berna può convivere con il ruolo della Corte di Giustizia europea, riservato il problema della protezione dei salari.
Teatro dell’assurdo:

-​tra i motivi per i quali l’infelice progetto di Accordo istituzionale non è stato approvato nel 2021 dal Consiglio federale vi era l’inaccettabile nostra sottomissione al giudizio del tribunale della parte avversa;

-​il Consiglio federale ha avuto la giusta sensibilità di non firmare, anche perché resosi conto dell’opposizione diffusa su questo e su altri punti da parte della cittadinanza;

-​dopo aver rifiutato il progetto di accordo, anche e specialmente per la presenza della clausola che dava la competenza per dirimere possibili contrasti alla controparte, oggi lo stesso Consiglio federale, senza alcuna giustificazione, afferma candidamente che risolto il problema della protezione dei salari (come?) si può senz’altro accettare la richiesta perentoria e non trattabile dell’UE.

E via con un nuovo mandato di negoziazione sapendo in anticipo di essere obbligati ad accettare quello che nel 2021 abbiamo respinto.
Tre importanti gruppi di studio (ifw Kiel, IWP Lucerna e WIFO Vienna) hanno pubblicato a febbraio una dettagliata analisi a proposito dei rapporti commerciali tra Svizzera e UE (https://admin.iwp.swiss/wp-content/uploads/2023/02/Handel_EUSwiss_Abschlussbericht_20230226.pdf). Tra i diversi possibili scenari esaminati, esclusa l’adesione, senza ombra di dubbio il più favorevole, tanto per la Svizzera e ancora più per l’UE,consisterebbe nel replicare l’accordo che Bruxelles ha stipulato con il Canada (CETA). In tal caso lo studio ipotizza un aumento del valore aggiunto dell’economia in Svizzera dell’1,6% all’anno e ancora maggiore per i Paesi dell’UE. Stupisce, ma non dovrebbe stupire, che Bruxelles non se ne sia interessata assolutamente e anche Berna abbia passato lo studio sotto silenzio. La ragione è evidente: ciò a cui tendono entrambe le burocrazie è l’integrazione della Svizzera nella macchinosa, litigiosa e costosissima struttura dell’UE e ciò ha la precedenza sul maggior benessere delle parti interessate. Teatro dell’assurdo.

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Relatore

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  • Due anni fa, quando bocciarono l'accordo quadro, scrissi su questo sito che: « Ora, però, non bisogna rilassarsi, ma essere pronti alla prossima mossa. La fine dell'accordo quadro non è la fine di tutto, ma solo un incidente di percorso; la meta è sempre quella, come fu il caso con la bocciatura dello SEE. »
    Non posso trarre vanto da questa previsione azzeccata, a meno che non mi piaccia vincere facile; che fosse tutto solo rimandato era evidente, e non solo dal comportamento del Consiglio Federale e dei negoziatori nei mesi che hanno preceduto e seguito la bocciatura. Ad esempio, la pubblicazione dei documenti diplomatici relativi al 1991 e al 1992 (gli anni dello Spazio Economico Europeo) non fanno che confermare che l'UE ed i suoi sostenitori nostrani usano sempre, invariabilmente le stesse tattiche ricattatorie e minatorie. Una di queste, evidenziata anche dall'articolo, consiste nel mettere fretta; « dopo le elezioni europee di quell’anno con una nuova Commissione sarà più difficile trattare » è una frase già pronunciata prima delle scorse elezioni europee, quando ancora si discuteva dell'Accordo quadro. "Più il tempo passa, più le condizioni peggioreranno" viene ripetuto spesso nei documenti diplomatici relativi allo SEE (1991-1992). Insomma, bisogna firmare subito cattivi accordi per evitare che ne arrivino altri peggiori in futuro, in pratica. Ma il peggio che potremmo fare è firmare questi cattivi accordi, perché ci legherebbero mani e piedi alle decisioni dell'UE. Questo darebbe a Bruxelles la possibilità di trasformare rapidamente questi cattivi accordi in accordi molto peggiori.

    L'UE non demorde, da decenni vuole comandare. La Svizzera, se vuole continuare ad esistere come Stato sovrano, non PUÒ cedere. La politica svizzera, invece, sta perlopiù cercando in tutti i modi, da decenni, il sistema per poter cedere. Socialisti in testa, certo, ma con illustri esempi anche in altri campi. Mi ricordano, ancora una volta, Kurt Alois von Schuschnigg e la sua geniale tattica per mantenere l'indipendenza dell'Austria. Hermann Obrecht si sta rivoltando nella tomba ormai da tempo, vedendo i suoi successori all'opera.

    Lo SEE, gli accordi bilaterali, l'accordo quadro e quant'altro, sono tutti la stessa cosa; tappe intermedie e il più possibile irreversibili per portare la Svizzera nell'UE, contro il volere della popolazione. Qualcosa va storto? Nessun problema, si torna subito alla carica con una versione riveduta ma mai corretta, diversa nella forma ma uguale nella sostanza, di ciò che è stato rifiutato; altra vecchia tattica dell'UE e dei suoi accoliti.

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