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Sulla terra leggeri – di Sara Fgeier

 Concorso internazionale

Sulla Terra Leggeri

un film di di Sara Fgeier – Critica cinematografica a cura di Desio Rivera

Entro nella sala della proiezione stampa, gremita molto più del solito. Film italiano, in lingua italiana. La massiccia presenza di giornalisti di lingua italiana si nota dal numero degli spettatori presenti.

Mi siedo accanto ad una giornalista bionda, di mezza età che, dopo nemmeno 5 minuti si addormenta profondamente. E non si sveglierà fino al momento nel quale le note rock di un successo anni ‘60, Crimson and Clover di Tommy James and the Shondells – in italiano Soli si muore cantata da Patrick Samson, era il 1969 – nella scena degli innamorati in una discoteca, la sveglia. Poi, si riaddormenta fino al termine del film. Mi guardo intorno. Giornalisti stravaccati e con l’aria rassegnata. Già dopo un quarto d’ora, inizia lo sciamare verso l’uscita di alcuni di loro. Più il film va avanti, più sciamano…

Io, con una voglia di “espresso con cremino” (tipico dei bar ticinesi, se vai a Milano a chiederlo con questa espressione, proprio non comprendono che vuoi) decido di uscire un attimo per quello buonissimo di Cerutti che c’è al bar del Casinò.

E rientro dopo dieci minuti, incrociando altri spettatori che stanno lasciando la sala. E non è che mi sia perso molto. Passione d’amore che, poco a poco, inesorabilmente degrada dallo zenith iniziale ad un rapporto bellino, dolce, ma stanchino. Ecco, per questo film, preferisco riportarvi semplicemente ciò che dice il catalogo. Era più simpatico descrivervi l’ambiente in sala, con piacevole e freschissima aria condizionata, che ciò che lo schermo, dignitosamente, mostrava. Anche se la sequenza girata a Sidi Bou Saïd, nella mia amata Tunisia, mi è molto piaciuta. Gli innamorati, lì, si parlano in francese (con i sottotitoli in italiano). E ci sono anche, alternati tra le sequenze dei ricordi a colori del film, sequenze di filmati, in un bianco e nero tinto di seppia, di quell’epoca. Con funamboli e altre prodezze sopra le teste della gente che, nostalgicamente, ti fanno pensare: “ma davvero alla gente piacevano queste cose poco tecnologiche?” 

Dal catalogo del Locarno FilmFestival:

“Gian lotta contro l’oscurità di un’improvvisa amnesia. Miriam, la figlia che non riconosce, gli consegna un diario, scritto a 20 anni, che ruota tutto intorno a Leila, la ragazza con cui ha scoperto l’amore nell’arco di una notte. L’intensità di questo sentimento lo spinge a ritrovare se stesso e a vivere una rivelazione. Cosa accade se non ricordiamo più l’amore della nostra vita?”

Le parole della regista: “Cercare di salvare dall’oblio chi siamo e chi siamo stati. Non si tratta di ricostruire il passato ma di scoprirlo, sforzandosi di essere all’altezza della prova più difficile: perdere qualcuno ed imparare a ritrovarlo.”

Relatore

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