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MARIO DRAGHI E LE MANI DI BRUXELLES SUI FONDI PRIVATI

Pensavamo di esserci liberati di Mario Draghi; pensavamo fosse bastata l’esperienza di uno dei peggiori governi della storia d’Italia che altro non ha fatto se non reiterare, peggiorandole, le politiche del precedente governo presieduto dal povero Giuseppi Conti (che, chissà mai perché, nessuno pensa di esaltare come uno statista invidiato dal mondo intero, per inciso l’unico partito che, per calcolo elettorale o per un residuo di pudore non si è accodato all’ammucchiata di governo è stato premiato, senza alcun altro merito , con la vittoria elettorale).

Pensavamo che a 77 anni il nostro dovesse sentire il desiderio di ritirarsi a vita privata in uno dei più bei borghi italiani ma così non è: vi sono evidentemente uomini che avvertono il desiderio dei riflettori così come altri uomini (spesso più meritevoli) ne rifuggono.

Così il Nostro ha presentato (non si comprende bene a quale titolo ) a Bruxelles un voluminoso report di 400 pagine sulle “strategie per la competitività europea”.

Non mancano , in tale report , banalità , ovvietà, frasi fatte (come quella per cui la sopravvivenza dell’UE sarebbe, nientemeno, che una “sfida esistenziale) non mancano tuttavia proposte concrete come quella di individuare i risparmi privati e i fondi pensione come fonte di finanziamento degli investimenti dell’unione Europea, anche attraverso la creazione di una Consob comunitaria ed altre misure di centralizzazione.

Draghi sa bene che i fondi pensione costituiscono oggi l’unico tesoretto cui si può attingere per gli investimenti comunitari: questi fondi per milioni di europei rappresentano l’unica concreta prospettiva di una vecchiaia dignitosa dopo che l’Ue, attraverso le “raccomandazioni” con cui lo stesso Draghi nel 2011 fece cadere il governo Berlusconi, ha smantellato il sistema previdenziale pubblico.

Dopo le mani sulle pensioni pubbliche assisteremo pertanto alle mani dei burocrati comunitari sui fondi pensione, e non sarà neanche stavolta un bello spettacolo dal momento che Bruxelles ha già mandato in bancarotta non pochi tra  i propri fondi –pensione.

L’unica differenza è che il Draghi del 2011, nel “raccomandare” tagli alle pensioni e alla sanità non si nascondeva dietro acronimi, neologismi in lingua inglese e improbabili richiami a “piani Marshall””.

Fabio Traverso

Relatore

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