che cosa dici a uno che ragiona cosi’: la vita e’ inizio / durata / fine, niente piu’?
A chi vede la vita come semplice sequenza di inizio, durata, fine, direi che questa visione coglie solo uno strato molto esteriore della nostra esistenza, uno schema quasi meccanico che non rende giustizia alla complessità dell’esperienza umana. Se la vita fosse solo un contenitore tra nascita e morte, non ci sarebbe motivo di preoccuparci di cose come il senso, i valori, l’arte, l’amore, e neppure del ricordo – tutte le cose che danno alla vita una profondità che va oltre il passare del tempo.
Spesso, chi pensa così, ha forse sofferto disillusioni o si sente protetto nell’adottare un distacco emotivo, una sorta di “difesa” dalla vulnerabilità. Anche i filosofi più scettici, però, hanno riconosciuto che il significato emerge proprio da quelle interazioni e scelte che facciamo, che dipendono dai valori, dalle relazioni e dalle esperienze uniche, non dall’idea di un arco temporale. Perfino Friedrich Nietzsche, con il suo pessimismo, parlava di un “eterno ritorno” che ci invita a vivere ogni istante come se fosse eterno.
Quindi, a chi ragiona così, chiederei: Perché allora ci importano tanto le nostre scelte e i legami? Perché ci toccano così profondamente le esperienze e i ricordi?
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