2016
Lungo la via di quella che fu un tempo la funicolare degli Angioli, appare un’insolita installazione. Si intitola “Via Crucis su rotaie” e si potrà ammirare fino al 30 settembre lungo i binari di questa ex funicolare che, data la sua vicinanza alla Chiesa adiacente (dalla quale prende il nome), al LAC e a tutto l’innesto culturale adiacente, potrebbe essere rivalorizzata per ridiventare un atout turistico in un percorso alternativo dalla stazione al lungolago.
Senza divagare ulteriormente ritorniamo all’installazione: il progetto, che rientra nel programma del LongLake Festival, consta di 14 strutture in legno (una per ogni stazione della via dolorosa) poste sui binari e dunque ben visibili da chi percorre le scale fino alla via Maraini. Queste realizzazioni vogliono mettersi in relazione con il capolavoro di Bernardino Luini presente nella chiesa di Santa Maria degli Angioli, in una interpretazione architettonica realizzata da studenti dell’Accademia di architettura di Mendrisio.
L’intento dell’installazione, frutto di un corso tenuto a Mendrisio dall’Architetto Riccardo Blumer, è quello di offrire una visione nuova di una delle opere più belle e importanti presenti sul territorio, ovvero l’affresco del Luini, affrontando però allo stesso tempo il grande tema del riuso urbano.
Questa idea originale, non è però la prima che viene proposta in questa interessante ubicazione. Ricordiamo infatti, tra l’altro, l’“inside Out Project”dell’artist JR in occasione del Longlake 2012, sempre lungo la scalinata degli Angioli.
La scelta di trasformare la gradinata in una sorta di “Via Crucis”, focalizzata sul dipinto grazie a ingrandimenti ed estratti specifici, offre inoltre anche una riflessione importante sul tema della sofferenza attraverso la simbologia e l’iconografia della tradizione cristiana, nell’anno del suo Giubileo.
Il progetto è stato realizzato grazie al particolare supporto del Prof. Giorgio Paximadi (ordinario di Esegesi della Facoltà di Teologia di Lugano), del Prof. Giacomo Jori (dell’Istituto di studi italiani dell’USI,) del Prof. Giovanni Agosti (storico dell’arte dell’Università degli Studi di Milano), della Prof. Carla Mazzarelli (dell’Istituto di storia e teoria dell’arte e dell’architettura dell’USI) e di Carla Moreni (Professoressa, giornalista e musicologa). Tutti hanno offerto collaborazioni ed una serie di lezioni di accompagnamento agli studenti che, dopo questi supporti importanti, sono stati chiamati a realizzare un’architettura in legno, scegliendo, per l’interno delle strutture, un’immagine estratta ed ingrandita dall’affresco.
Il progetto è veramente interessante e molto poetico. E anche difficile da realizzare in quanto proietta dei concetti totalmente astratti in una dimensione reale di contesto urbano. Il problema maggiore delle 14 installazioni della via crucis è dovuto principalmente ai dislivelli dell’arteria dei binari che non sono stati (probabilmente) calcolati in fase di realizzazione. Per vedere al meglio ogni cabina di legno si dovrebbero avere dei punti focali che non sono sempre facilmente accessibili dal punto di vista degli spettatori presenti sulle gradinate che di conseguenza non prendono il tempo necessario per ammirare appieno le opere.
La visione complessiva dell’installazione forse soffre, dunque, di un problema prospettico determinato dalle limitazioni fisiche del luogo. Limitazioni che però non compromettono la bellezza delle singole opere e ogni concetto viene esplicato chiaramente nelle spiegazioni ubicate ad ogni postazione.
Vedendo questi lavori degli allievi in architettura, non posso non pensare al mio professore d’Accademia, il compianto Architetto cipriota Panos Koulermos e al suo progetto di “12 case per gli Dei del monte Olimpo“ pensato nel 1997.
Il progetto era rimasto unicamente su carta, perché il Professor Koulermos amava progettare indipendentemente dalla realizzazione effettiva delle sue idee e amava far vivere i suoi disegni, i suoi schizzi e i suoi pensieri. Lui amava ripetere che, come un poeta che può essere ispirato e comporre senza per forza pubblicare, anche l’architetto poteva progettare senza l’obbligo di costruire.
Perché qualche volta, se si passa dalla carta alla costruzione effettiva, si rischia di perdere tutta la poesia che era intrisa nel foglio.
La poesia è l’arte di far entrare il mare in un bicchiere (Italo Calvino)
Aymone Poletti
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