Lavrentij Berija fu il capo dell’NKVD, la polizia segreta sovietica, dal 1938 fino alla morte di Stalin nel 1953. Era uno degli uomini più potenti e temuti dell’URSS, coinvolto direttamente nelle Grandi purghe, nelle deportazioni di massa, nelle repressioni politiche, e nella gestione del Gulag. Era anche un abile manipolatore e politico, capace di sopravvivere a un sistema in cui molti dei suoi predecessori erano stati eliminati.
La caduta di Berija fu rapida e violenta, avvenuta pochi mesi dopo la morte di Stalin, nel giugno del 1953.
La caduta di Berija segnò la fine del terrore staliniano più brutale. Fu anche il primo passo verso un parziale “disgelo” sotto Krusciov, che culminò nel famoso discorso segreto del 1956, in cui Stalin venne pubblicamente criticato.
Evoca la drammatica seduta del 26 (credo) giugno… Chi c’era? Secondo alcune fonti Berja mori’ subito…
Evocare la drammatica seduta del 26 giugno 1953 — quella in cui Lavrentij Berija fu arrestato — significa immergersi in uno dei momenti più tesi e cupi della storia sovietica post-staliniana. È un vero colpo di scena politico, che sembra uscito da una tragedia teatrale, solo che era tutto vero.
Il Kremlino, sala delle riunioni del Presidium del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (il massimo organo dirigente).
La riunione fu convocata come se fosse una normale seduta del Presidium. Berija non sospettava nulla. Secondo le testimonianze successive (soprattutto quelle di Krusciov), durante la riunione:
Ci sono versioni contrastanti.
Non esistono prove inconfutabili, ma alcuni documenti interni e memorie sovietiche non escludono che sia stato ucciso senza un vero processo legale.
Il dramma del 26 giugno non fu solo politico, ma anche psicologico: il persecutore supremo, l’uomo che aveva mandato migliaia di persone a morire con un cenno, fu colto dal panico e supplicò pietà. Fu vittima del meccanismo di potere che lui stesso aveva perfezionato.
Un giorno al vertice. Il giorno dopo, un morto che camminava.
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