IL RETAGGIO DI ROMA ANTICA NELLA ROMA
MEDIEVALE
Quando ci si reca a Roma il primo aspetto che colpisce è la sensazione di
vivere una vera e propria immersione nel mondo antico; ovunque, infatti, si
possa osare lo sguardo si è circondati da edifici, monumenti e rovine di quella che fu la capitale di un impero vastissimo. L’archeologia e l’evoluzione degli studi storiografici quest’oggi rendono possibile questa immersione rendendo sempre più consapevole del passato della città dei sette colli chiunque cammini per le sue strade.
Una delle domande più affascinanti che ci si può porre, tuttavia, potrebbe
essere: qual era la percezione del grande passato di Roma in tempi in cui
l’archeologia non esisteva e la conoscenza della storia di questa città era
infinitamente inferiore rispetto ai tempi contemporanei?
Cosa rimaneva, dunque, dell’antica Roma nei secoli successivi alla caduta (o trasformazione, a seconda della scuola di pensiero e del punto di vista da cui si preferisce attingere) dell’impero?
Proviamo a fornire una risposta a questo quesito analizzando alcune
prospettive della Roma papale dei secoli medievali.
La Roma medievale è una città infinitamente più piccola rispetto alla Roma
del periodo augusteo di fine I secolo a.C.-inizio I d.C.: quel milione di cittadini e quel fermento edilizio tipico dell’opera del Princeps e di Agrippa sembrano quasi cadere nella leggenda. La Roma medievale, sebbene molto più grande delle altre città italiane, è in realtà suddivisa in regiones il cui indice di insediamento è frammentato: alcune di queste, come Trastevere, sono urbanizzate e presentano un’economia piuttosto vivace, altre zone della città, invece, presentano ampie zone incolte o trasformate in orti o vitigni. Ciò che più ci interessa in questa primaria visione geografica è il fatto che i cittadini romani medievali riconoscevano non poche di queste regiones attraverso i
resti dell’antica Roma: una delle zone più importanti, base di una delle
famiglie aristocratiche più potenti per il XII secolo come nota come
Frangipane, veniva identificata come Colosseo.
Pertanto, possiamo già intuire che il glorioso passato imperiale romano fosse ben presente davanti agli occhi degli abitanti della Roma dell’età di mezzo: anche allora, naturalmente in versione molto minore, il panorama romano era costellato dai resti della Roma che fu, resti che ancora restavano per l’intero tessuto urbano della città di un significato fondamentale: i Romani ancora riconoscevano la città di Romolo come loro identità, indipendentemente dal passare dei secoli e dalla mutazione di istituzioni.
La stessa massima istituzione, sebbene costantemente contrastata, di Roma, ovvero il papato, lavorò costantemente per affermare la propria supremazia sulla città attraverso l’identificazione con il grande passato dell’Urbe. Vediamo ora qualche esempio cruciale.
Il papato esercitava il proprio dominio sulla città da un luogo specifico, un
luogo che, proprio come la “città leonina” (ovvero quella che oggi è
identificabile come l’area di San Pietro), nella percezione dei romani era vista come una sorta di parte a se stante di Roma: stiamo parlando del Campus Lateranensis, ovvero la zona del palazzo papale del Laterano. In questo luogo, tra le tante operazioni di governo della città, il papa amministrava la giustizia pontificia ed è proprio al concetto di giustizia che i papi legarono la loro figura sovrana con la Roma imperiale. Davanti al palazzo, infatti, era, al tempo, collocata la statua equestre di Marco Aurelio (oggi collocata in piazza del Campidoglio) a cavallo: ciò che è affascinate è constatare che, ai tempi (ovvero parliamo più o meno dei secoli dal X in avanti), tale statua era identificata non con il celebre imperatore filosofo, bensì con quella di Costantino I, simbolo della rettitudine e del buon governo. Il messaggio, dunque doveva apparire chiaro: il papa rimandava il suo governo alla rettitudine imperiale. Un chiaro esempio del recepimento di questo messaggio da parte della città lo abbiamo in un episodio al tempo stessoemblematico e cruento: nell’anno 965 il prefetto urbano (al tempo una dellemassime cariche istituzionali) Pietro aveva espulso da Roma papa Giovanni XIII e l’anno successivo, quando il pontefice tornò in città attraverso l’aiuto dell’imperatore Ottone III, Pietro fu appeso alla statua per i capelli.
Tuttavia, il Campus Lateranensis si prestava a messaggi meno sottili
nell’opera di identificazione papale con il passato romano: accanto alla statua di Marco Aurelio, il palazzo lateranense presentava la celebre lupa capitolina, vero e proprio simbolo dell’identità romana.
L’opera di identificazione papale con le grandi figure dei Cesari conobbe
un’accelerazione con l’avvento dei papi “riformisti” che tentavano di stabilire un dominio duraturo su una città che, come vedremo presto, si mostrava difficle da controllare. Nel 1140 Papa Innocenzo II decise di far traferire da Castel Sant’Angelo il sarcofago dell’imperatore Adriano, mossa simbolica per affermare una volta tanto l’assimilazione dell’attuale padrone di Roma con i padroni dell’impero dei secoli passati.
Tuttavia, questa identificazione con il grande passato non fu solo matria per il papato: nel 1143 avvenne un grande spacco nel governo della città. Il popolo romano decise di sfidare l’autorità pontificia istituendo un nuovo Senato, Senato che, dopo scontri, fu riconosciuto dal papato come organo che
condivideva il potere politico della città con i “successori di Pietro”. La stessa
idea del Senato aiuta a comprendere quanto fosse forte il sentimento
identitario nella popolazione di Roma del XII secolo: un Senato che, come
ben sapevano essi stessi, nella struttura era infinitamente diverso da quello della Roma antica, ma che condivideva di fondo la stessa grande valenza identitaria. La Roma della Res Publica e la Roma dei Cesari non erano mai venute meno e se la Roma medievale non si sfaldò, ciò sicuramente lo si deve al riconoscimento di un grande passato comune.
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